ROMA. "Il problema fondamentale è che fino ad oggi la presenza allo stadio di un tifoso disabile è stata vista come una concessione. Non viene pagato il biglietto, si concede anche agli accompagnatori di entrare gratuitamente. E questo ovviamente ha fatto e fa molto piacere, ma ha abbassato il livello delle pretese. Ha evitato, soprattutto, che noi tifosi disabili fossimo trattati come consumatori, e dunque come titolari di diritti. E’ un aspetto culturale sul quale non si sta facendo molto". Così Franco Bomprezzi, giornalista e scrittore italiano, tra le tante cose direttore di Dm, periodico della Uildm, e portavoce della Ledha.
C’è un paradosso, tutto italiano. Gli sportivi cosiddetti "normodatati" tendono sempre più a sedersi in casa e a evitare gli stadi, mentre i tifosi disabili vorrebbero essere sempre più protagonisti degli eventi sportivi. Eppure per loro le risposte sono ancora tiepide e poco organizzate…
"Vero. Da una parte c’è l’esigenza di uscire, di essere protagonisti. Quasi una sorta di ‘transfert’ da parte delle persone disabili, che sognano di vedersi in mezzo a un campo. Poi aggiungo che, in base alla mia esperienza, anche i giocatori apprezzano molto la presenza di tifosi disabili. C’è quasi un’empatia superiore. Tornando agli accessi e alle difficoltà che incontrano gli sportivi con handicap negli stadi italiani, io credo sia arrivato il momento di una normativa generale e chiara di riferimento. Fare un tavolo di lavoro tra organizzazioni e Federcalcio, in modo da avere una normativa omogenea".
Stadi vecchi, poca attenzione. Quali sono effettivamente i problemi che i sostenitori disabili si trovano ad affrontare? E quali i loro diritti?
"In primo luogo il diritto di assistere liberamente agli spettacoli sportivi. Il tifoso disabile deve potersi collocare in posti dignitosi. Spesso viene messo in condizioni di scarsa visibilità, magari dietro cartelloni pubblicitari. Ci sono stadi all’avanguardia, come lo Juventus Stadium. I posti in curva ci sono, ma quando ci sono azioni importanti la gente si alza e i disabili in carrozzina non vedono nulla. A San Siro si vedeva bene, ma i cartelloni pubblicitari hanno ridotto la visibilità. Si è parlato della ristrutturazione della tribuna arancio, ma per ora non se n’è fatto nulla… In secondo luogo, c’è il diritto a vedere le partite in sicurezza. E questo è più complicato. In molti casi si possono usare gli ascensori per accedere o uscire, ma questo diventerebbe ancora più pericoloso in caso di emergenza. Non parliamo poi delle difficoltà di accreditamento: si tratta di un procedimento complesso. Spesso occorre iscriversi, mandare fax, ecc… E occorre farlo in largo anticipo, causa i pochi posti disponibili. Non parliamo poi delle trasferte. In questi casi è quasi impossibile seguire la propria squadra, perché i posti a disposizione non sono molti (tranne San Siro) e vengono assegnati principalmente (e anche giustamente) ai tifosi di casa. Poi c’è il discorso sicurezza, da non sottovalutare. Spesso si può essere posizionati vicino ai tifosi avversari, e non è conveniente…"
Insomma, di "barriere" da superare ce ne sono parecchie…
Fonte: Redattore Sociale.it
16/10/2014