Gianmarco ha 22 anni, ne aveva due quando è stato adottato in Bulgaria. Poi è arrivata la sorella, che da tre anni vive in una struttura a Napoli, dove i genitori vorrebbero ora mandare anche a lui: "La casa gli sta stretta e io non so contenerlo", dice la mamma. Ma la burocrazia rema contro
ROMA – "Non sappiamo più cosa fare, io inizio a temere per la mia incolumità": Alessandra è la mamma di Gianmarco, un ragazzi autistico che oggi ha 22 anni. "Fino a qualche tempo fa era abbastanza tranquillo, ma dai 18 anni la situazione è peggiorata: è diventato molto aggressivo, difficile da gestire. E’ come se la casa gli stesse stretta, non resiste, vuole sempre uscire. La mattina, quando si sveglia, intorno alle 5.30, spesso siamo soli io e lui: e inizio ad avere paura, perché lui è grande e forte e io non riesco a contenerlo. Per questo, credo che abbia bisogno di una struttura che sia in grado di accoglierlo e rispondere ai suoi bisogni. Perché noi non siamo terapisti, ma genitori. E non ce la facciamo più".
Due figli adottivi: entrambi autistici. Genitori due volte, Alessandra e il marito, perché Gianmarco ha anche una sorella, di due anni più piccola, autistica anche lei. "Aveva due anni, Gianmarco, quando lo abbiamo adottato: dall’istituto in Bulgaria, dove era nato e sempre vissuto, lo abbiamo portato a casa nostra, a Teramo. Non sapevamo che fosse autistico – ci racconta Alessandra -. Lo abbiamo scoperto quando aveva tre anni". Intanto, però, in Bulgaria era nata anche la sorella di Gianmarco: "Abbiamo adottato anche lei, pensando che fosse giusto lasciare che i fratellini crescessero insieme. Non sapevamo che anche lei avesse dei problemi, anche più gravi di quelli del fratello". La diagnosi, per Gianmarco, è arrivata a tre anni, per la sorella un po’ prima: "Fin da subito ci eravamo resi conto che in lui c’era qualcosa di strano, ma non sapevamo se dipendesse dal trasferimento in Italia, dalla vita in istituto, dalla lingue ancora sconosciuta. E poi, qui a Teramo, l’autismo era, vent’anni fa, completamente sconosciuto. Oggi se ne parla un po’ di più, ma di strutture o centri specialistici non ne esistono".
Nessun centro per l’autismo a Teramo. Tanto che Gianmarco, ogni giorno, deve andare a l’Aquila, per frequentare un centro diurno adatto alle sue esigenze: "Sta lì dalle 9 alle 15: è fondamentale per lui essere sempre distratto, impegnato in qualche attività. Ma anche al centro, ultimamente, iniziano a faticare nel contenerlo". Per questo, la mamma e il papà i Gianmarco si sono convinti che l’unica soluzione sia una struttura residenziale, specializzata e capace di rispondere ai bisogni di Gianmarco. In tutta le regione, però, una struttura del genere non esiste. Esiste vicino Napoli, però, a Cicciano: è la struttura che, da tre anni, già accoglie sua sorella: "Era autolesionista, stava molto male, era diventato impossibile e pericoloso tenerla in casa – racconta la mamma -. Da quando è lì, è rinata. La andiamo a trovare, una volta a settimana, e la troviamo sempre migliorata".
La soluzione "ideale". Sarebbe a tutti gli effetti una buona soluzione: "Per lui, che avrebbe accanto persone capaci di comprenderlo, aiutarlo e sostenerlo. Per la sorella, che riavrebbe il fratello accanto a sé. E per noi, non più giovanissimi, che non siamo più in grado di contenere Gianmarco e siamo sempre più preoccupati per il suo e il nostro futuro. E consapevoli che così davvero non possiamo andare avanti. Lo andremmo a trovare una volta a settimana, come già facciamo con sua sorella. E sicuramente lo troveremmo più sereno". Una soluzione quasi perfetta, insomma. Peccato che ci pensi la burocrazia, a mettere i bastoni tra le ruote. "La Usl si oppone – racconta Alessandra – Inizialmente, ci dicevano che il problema era economico: ricoverare Gianmarco fuori regione costa circa 300 euro al giorno. Ma alternative non ce ne sono, visto che l’Abruzzo non ha un centro per l’autismo, né una struttura specializzata. Ora dicono che il problema sono le certificazioni, ci hanno chiesto nuovamente di documentare l’aggravamento: l’abbiamo fatto, abbiamo ripresentato tutte le carte, ma nulla si muove. E noi siamo sempre più preoccupati. Stamattina è stato difficilissimo, ogni mattina è così: io e Gianmarco soli in casa, lui aggressivo e violento, io non riesco più a difendermi. E ho paura. Cosa devo fare per uscire da questa situazione? Un gesto eclatante?".
"L’autismo vero non si conosce". Accanto alla famiglia, c’è l’associazione Autismo Abruzzo, che sta seguendo con attenzione il caso e cercando di sbloccare la situazione. "La Asl di Teramo sta facendo di tutto perché questo ragazzo non sia inserito in un servizio residenziale – denuncia Dario Verzulli, presidente dell’associazione – Più volte è dovuta intervenire la polizia a casa di questa famiglia, chiamata dagli inquilini allarmati dalle urla. Eppure, spuntano ostacoli burocratici da ogni parte: anche se c’è il certificato di aggravamento stilato dal centro diurno, che tra le righe fa capire anche quanto il ragazzo sia diventato pericoloso. Ma la Asl torna a chiedere carte e documenti: è una follia, la burocrazia rischia di creare danni irreparabili". Il problema di fondo è "che dell’autismo non si sa nulla, o almeno non abbastanza. Centri residenziali specializzati per l’autismo esistono solo in Campania, Toscana e Lombardia: nelle altre regioni, come la nostra, si dice che non ci siano i ‘numeri. Ma se poi, a quelle stesse regioni, chiedi quanti siano gli autistici residenti nel loro territorio, nessuno te lo sa dire. E poi, no si sa cosa davvero significhi avere l’autismo in casa: certo, la maggior parte dei casi sono ‘gestibili’, ma poi c’è una minoranza, forse il 25%, come Gianmarco: aggressivi, pericolosi, senza controllo, con difficoltà di ogni tipo, incapaci della minima autonomia. Chi non li conosce, non può capire la richiesta di questa famiglia. E non può comprendere una scelta, come quella del ricovero, che è sempre sofferta e drammatica, ma a volte indispensabile".
Fonte: Superabile.it
10/08/2015