Il sostegno torna a 22 ore, accolto il ricorso al Tar

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L’installazione di un ascensore in condominio, nei casi in cui l’edificio non ne sia originariamente provvisto, costituisce un’innovazione di difficile realizzazione. La necessità di individuare spazi adeguati e il costo delle opere dell’impianto rende, infatti, spesso arduo raggiungere il consenso della maggioranza dei condomini sulla scelta di procedere all’avvio dei lavori. Tuttavia, qualora nell’edificio risieda un soggetto diversamente abile e questi sia interessato a fare installare un ascensore nello stabile che ne sia privo, la legge consente di ottenere il via libera dell’assemblea con maggioranze alquanto ridotte, consentendo comunque al soggetto disabile, pur con importanti limitazioni, di superare l’eventuale diniego frapposto dalla compagine condominiale.Il condomino diversamente abile può, infatti, chiedere all’amministratore di sottoporre all’assemblea la delibera relativa all’installazione di un ascensore o di altro impianto utile alle sue esigenze. In questa ipotesi la proposta di installazione costituisce un intervento volto all’eliminazione delle barriere architettoniche, in base al disposto dell’art. 2 della legge n. 13 del 1989, che è possibile approvare con le maggioranze previste dal secondo e terzo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio in prima convocazione e un terzo dei condomini che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio in seconda convocazione), anziché con quelle prescritte per le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. (un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio).Parte della giurisprudenza aveva però evidenziato come per avvalersi delle maggioranze inferiori di cui alla legge n. 13/89 fosse necessario dimostrare la condizione di inabilità del condomino. Infatti, qualora l’installazione dell’ascensore costituisca una semplice innovazione volta a migliorare il godimento della cosa comune o, più semplicemente, l’utilizzo di alcuni appartamenti, la relativa delibera dovrebbe essere votata nel rispetto delle maggioranze prescritte dall’art. 1120 c.c. Con la recente sentenza n. 18334/2012, come visto sopra, la Suprema corte ha invece sostenuto l’assoluta irrilevanza, ai fini dell’applicabilità della legge n. 13/89, della presenza di invalidi nell’edificio, essendo quest’ultima volta a consentire ai disabili di accedere senza difficoltà in tutti gli immobili, e non solo presso la propria abitazione. A tal proposito giova evidenziare come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 167/99, abbia osservato che la legislazione in questione aveva configurato la possibilità di agevole accesso agli edifici anche da parte di persone con ridotta capacità motoria come requisito oggettivo quanto essenziale degli immobili privati di nuova costruzione a prescindere dalla concreta appartenenza degli stessi a soggetti portatori di handicap. E, nel solco di tale orientamento, più di recente anche la stessa Cassazione, con la sentenza n. 14786 del 2009, aveva chiarito che l’art. 2, comma 1, della legge in questione prevede un abbassamento del quorum richiesto per l’innovazione indipendentemente dalla presenza di disabili.Con l’approvazione della delibera, l’assemblea può decidere che l’impianto elevatore sia di proprietà comune, e in tal caso le spese verranno ripartite tra tutti i condomini, ovvero che lo stesso resti di proprietà dei soli condomini che lo hanno accettato e se ne sono accollate le spese. Resta comunque in capo ai condomini contrari la possibilità di subentrare in un secondo momento nell’utilizzo e godimento del bene alle condizioni di cui all’art. 1121 c.c. (partecipazione alle spese per esecuzione e manutenzione dell’opera). La manutenzione dell’impianto costituisce un onere che deve essere sopportato da tutti i comproprietari secondo il criterio sancito dall’art. 1124 c.c., relativo alle scale, ma applicabile anche agli ascensori. Qualora invece il condominio non approvi l’innovazione prospettata o non si pronunzi entro tre mesi dalla richiesta di modifica, l’art. 2, comma 2, della legge n. 13/89 consente che la persona con disabilità, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possa procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in opera di particolari innovazioni sulle parti comuni o di uso comune dell’edificio, quali l’installazione di servoscala o di altre strutture mobili e di facile rimozione, oppure alla modifica dell’ampiezza delle porte di accesso. Tali considerazioni possono essere fatte valere non solo dal proprietario della singola unità immobiliare, ma anche dall’inquilino che abiti nell’edificio condominiale.

Fonte: Italia Oggi

20/11/2012