Di Benjamin Gallinaro
Hobson osserva come siano ormai noti i meccanismi cerebrali attivi durante il sonno, in pratica sappiamo “come” si dorme ma non è ancora del tutto chiaro “perché” il nostro cervello necessiti di dormire.
La funzione del sonno e quella dell’attività onirica che lo caratterizza, hanno interessato e affascinato fin dall’antichità filosofi, studiosi, scienziati e ricercatori.
La domanda “Perché dormiamo?” ha stimolato la creazione di molte affascinanti teorie, inoltre le qualità bizzarre ed evanescenti del sogno hanno suscitato ipotesi e speculazioni tra le più disparate riguardo la sua origine e il suo significato.
Tra le teorie più celebri e conosciute vi è certamente l’ipotesi freudiana secondo la quale i sogni, rappresenterebbero quel particolare spazio entro il quale trovano appagamento i desideri relegati nell’inconscio, rimossi o inaccettabili entro la nostra dimensione cosciente di veglia.
Grazie alle crescenti ricerche scientifiche sui substrati neurali del sonno, negli anni ’60 fu scoperta una fase di esso, caratterizzata da rapidi movimenti oculari (REM), che si osservò avere la più alta correlazione (anche se non esclusiva) con l’attività del sognare.
Grazie a questi studi sono comparse all’orizzonte nuove interessanti teorie che hanno associato al sonno REM delle specifiche funzioni tra cui la regolazione omeostatica della temperatura e del peso corporei, il mantenimento dell’integrità dell’equilibrio psicologico e della salute mentale, la mediazione dei processi di apprendimento.
Tra le ipotesi più innovative e intriganti ritroviamo quella di J. Allan Hobson psichiatra, nonché uno dei maggiori studiosi contemporanei in questo campo, direttore del Laboratorio di Neurofisiologia del Massachusetts Mental Health Center a Boston dal 1968 al 2003, e autore di numerosissimi articoli scientifici e libri sul sonno e i sogni.
Hobson osserva come siano ormai noti i meccanismi cerebrali attivi durante il sonno, in pratica sappiamo “come” si dorme ma non è ancora del tutto chiaro “perché” il nostro cervello necessiti di dormire.
La teoria avanzata dallo studioso è che la caratteristica attivazione cerebrale presente durante il sonno REM consenta lo sviluppo e il mantenimento di circuiti necessari per il corretto funzionamento delle funzioni cerebrali di più alto livello, compresa la coscienza, nella fase di veglia. Egli definisce perciò la fase REM come “protocoscienza”, ovvero un primordiale stato di organizzazione del cervello che rappresenta la base su cui si costruisce la coscienza e che è presente precocemente negli esseri umani, fin dallo sviluppo fetale.
Sponsor Secondo Hobson, negli adulti, la veglia, è caratterizzata da aspetti di coscienza secondaria e dipendenti dal linguaggio, come l’auto-riflessività, il pensiero astratto, la volizione e la metacognizione, che ci permettono di essere consapevoli del mondo esterno, del nostro corpo e di noi stessi. Quando sogniamo durante la fase REM del sonno, invece, abbiamo una consapevolezza solo parziale, con caratteristiche di coscienza primaria, che include percezioni ed emozioni generate e organizzate in uno scenario interno, ma che erroneamente consideriamo frutto di uno stato di veglia, nonostante un gran numero di segnali cognitivi che ci dicono che non sia così.
La coscienza del sogno, rispetto a quella della veglia, è infatti maggiormente capace di integrare immagini e stimoli tra i più disparati, ricreando spesso una bizzarra simulazione del mondo. Tuttavia è anche meno efficiente nel riconoscere l’incoerenza e irrealtà della propria condizione, le limitazioni del proprio pensiero e l’impoverimento della memoria.
Quante volte, nei sogni, ci capita di provare sensazioni ed emozioni, agire e sentire in maniera così vivida che spesso, una volta svegli, facciamo fatica a considerare tutto ciò solo frutto di un mondo fittizio creato dal nostro cervello?
Una particolare attività cerebrale “ibrida”, che si colloca tra il sonno REM e la veglia, è rappresentato dai sogni lucidi, nei quali le persone provano la consapevolezza soggettiva di stare sognando, pur non essendo svegli.
Gli esperimenti neuroscientifici condotti con EEG e fMRI hanno evidenziato, durante i sogni lucidi, un insolito stato di co-attivazione dei circuiti della coscienza primaria e di quella secondaria e in particolare, rispetto al sonno REM, un’aumentata attivazione delle aree corticali frontali, che si è soliti associare alle componenti metacognitive, di pensiero astratto e autoriflessivo della consapevolezza secondaria.
La teoria innovativa di Hobson, secondo cui il sogno nella fase REM può essere visto come un pattern generatore di realtà virtuale utilizzato dal cervello per un corretto sviluppo e mantenimento della coscienza durante lo stato di veglia, aggiunge così un nuovo e stimolante punto di vista a sostegno dell’idea che il sonno, nella sua globale complessità, sia un prezioso processo sia di tipo preparatorio, che di recupero, che ci consente un’interazione pienamente adattiva con il mondo che ci circonda.
Fonte: Stateofmind.it
22/03/2013