Io, dislessico costretto a combattere gli adulti bulli

Io, dislessico costretto a combattere gli adulti bulli

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Malgrado le conquiste della scienza e lo svilupparsi di nuove tecnologie ne abbiano ridotto progressivamente il numero, in Italia un bambino su mille ogni anno nasce sordo o acquisisce una sordità nei primi anni di vita: per questo motivo è necessario fare il possibile, a tutti i livelli, per favorire la piena integrazione della popolazione non udente ed il superamento delle barriere che ancora sussistono.
La sordità interessa in Italia oltre 70.000 persone, di cui oltre 5.000 nella sola Emilia-Romagna: per esse, in un’epoca dominata dalla comunicazione, la possibilità di interrelazionarsi liberamente con gli altri diventa un aspetto determinante poiché migliora la qualità della vita e consente l’accesso alla fruizione di beni e servizi. Per questo il Parlamento Europeo, con due risoluzioni (1988 e del 1998), il Consiglio d’Europa attraverso la "Carta europea delle lingue regionali o minoritarie" (1992) e l’ONU con la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006) hanno invitato gli Stati a "promuovere e diffondere la lingua dei segni".
L’Italia, però, non ha ancora provveduto: una proposta in tal senso è ferma in Senato dal 2008. Alcune Regioni, come il Piemonte e la Sicilia, si sono mosse autonomamente riconoscendo la lingua dei segni come lingua non territoriale propria della comunità dei non udenti. Essa, infatti, non è né una mimica, né un codice, né un alfabeto manuale, né un supporto all’espressione della lingua parlata, ma una vera e propria lingua con regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali, che si è evoluta naturalmente, assumendo anche variazioni in base allo spazio (i "dialetti").
Inoltre costituisce una forma di integrazione sociale e di trasmissione culturale per i non udenti, favorendo, anche con supporti tecnici e informatici, la loro partecipazione alla vita collettiva, nell’istruzione scolastica e nei rapporti con le amministrazioni pubbliche; consente al bambino sordo di sviluppare abilità linguistiche e intellettive prima dell’acquisizione della lingua parlata e permette di esprimersi anche in quei luoghi dove le condizioni esterne (ad esempio luce soffusa) non permettono un altro tipo di comunicazione.
Il Progetto di Legge da me presentato in Regione vuole introdurre, anche in Emilia-Romagna, il riconoscimento del linguaggio dei segni ma non solo: esso istituisce, concordandole con le associazioni che si occupano della tutela dei non udenti, un Programma contenente l’abbattimento delle barriere che ancora sussistono nelle Pubbliche Amministrazioni, nella scuola, sul lavoro e nella vita quotidiana, e che generano discriminazione.
L’auspicio è che su un tema così sensibile, sul quale si stanno impegnando esponenti politici di differenti schieramenti, si possa trovare anche in Regione Emilia-Romagna un accordo condiviso e quindi una rapida analisi e approvazione della mia Proposta di Legge: per dare, insieme, una risposta concreta.

Fonte: Libertà.it

22/04/2013