di Franco Bomprezzi
Che cosa direbbe oggi Bernardo Bertolucci di Milano? Il «nuovo» Bertolucci, ossia la persona che a 71 anni affronta la vita da un nuovo punto di osservazione, del tutto particolare per un regista, ossia la carrozzina, la sedia a rotelle? Avevo letto con emozione le sue riflessioni nel supplemento domenicale del Corriere «La Lettura». Una tenera e orgogliosa ammissione di fragilità ma anche una accettazione della disabilità: fenomenale, non semplice per chi è stato protagonista sul set, girando il mondo da persona libera. Adesso si accorge delle barriere. Se la prende fortemente con Roma, con il Campidoglio, dove non è riuscito a presenziare a un matrimonio per colpa di due disgraziati scalini. E poi si è accorto che quello era l’unico accesso ai Musei Capitolini. Di lì un’invettiva, forte e civile, nei confronti del sindaco della Capitale, Alemanno, commentata egregiamente su corriere.it, nel nostro blog InVisibili, da Simone Fanti. Ma se Roma piange, Milano non ride. Lo dico da persona «informata sui fatti». Senza il prestigio e la notorietà di Bernardo Bertolucci, posso vantare 60 anni di onorata carriera su una sedia a rotelle. E di città ne ho viste tante, da New York, a Londra, a Parigi, a Barcellona. Vivo e lavoro a Milano, che ho scelto, da giornalista, perché è la città della comunicazione e del futuro delle idee. Ma non è certo la capitale dell’accessibilità per tutti. Intendiamoci subito: c’è di peggio in Italia. E la pianura aiuta non poco a evitare barriere naturali difficili da rimediare. Ma tutto quel che era possibile escogitare per complicare la vita di chi ha problemi di mobilità personale, qui a Milano è stato sperimentato e realizzato da tempo. Una storia lunga, che affonda le radici nella pavimentazione delle strade e nella progettazione dei palazzi, con quei classici cinque gradini prima di arrivare a un ascensore, piccolo e stretto, con le porte che si aprono verso l’interno. E poi i negozi del centro, che sembrano farsi un vanto di frapporre fra il marciapiede e l’interno uno scalino di almeno venti centimetri. Più ombre che luci nei monumenti: benino Palazzo Reale, ma ho scoperto con raccapriccio, questa estate, che il bellissimo museo del Castello Sforzesco presenta una barriera all’ingresso e colloca la Pietà Rondanini al termine di una scalinata ripida. Palazzo Marino, il nostro municipio, è invece adesso quasi pienamente accessibile, dopo i lavori effettuati dal sindaco Pisapia (su mia sollecitazione, per la verità). Ma ancora manca un’idea complessiva, un progetto di città che tenga conto di tutti, ma proprio tutti. L’accessibilità è la cartina di tornasole del livello di civiltà di una metropoli. Io aspetterei un po’ a invitare Bertolucci a Milano. Prima pensiamo a migliorarla.