La cartella clinica ‘umana’

La cartella clinica ‘umana’

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Si chiama assistente sessuale. È un operatore professionale (uomo o donna) che aiuta le persone con disabilità a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Per conoscere più da vicino una figura che in Italia e in molti altri paesi europei non è ancora riconosciuta siamo andati in Svizzera.

Si chiama assistente sessuale. È un operatore professionale (uomo o donna) che aiuta le persone con disabilità a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Per conoscere più da vicino una figura che in Italia e in molti altri paesi europei non è ancora riconosciuta e spesso criticata, abbiamo chiesto aiuto a Lorenzo Fumagalli. Che vive in Svizzera, dove opera come assistente sessuale da diversi anni.

Parlando delle persone disabili con le quali lavora, Fumagalli dice che preferisce chiamarle "clienti" e non "pazienti". In quanto «vivere la propria sessualità non è una malattia, ma un’esigenza naturale e giusta».

È bene chiarire che queste prestazioni non sono gratuite. Per gli assistenti sessuali, infatti, si tratta di un vero e proprio lavoro. Per cui per talune persone disabili il costo delle sedute può superare le loro possibilità. La cassa malati (la mutua svizzera), non fornisce contributi. E per Fumagalli «fino ad un certo punto va anche bene perché altrimenti la prestazione rientrerebbe in un contesto di malattia. E, come dicevo, non considero l’esigenza della sessualità come tale.» In sostanza, dunque, non c’è un sostegno finanziario. «Siamo noi che ogni tanto, in casi proprio molto limite, facciamo delle prestazioni a basso costo».

In alcune circostanze le sessioni possono anche contemplare il rapporto sessuale completo. Ma su questo punto Fumagalli ci tiene a precisare che «prima di affrontare un’assistenza c’è un percorso molto importante e lungo di presa di contatto con il cliente, con gli educatori, con chi lo assiste giornalmente. Soprattutto, se si tratta di persone che hanno una disabilità mentale». Poi, continua, «ogni assistente sessuale può porre i propri limiti. Anche di volta in volta e di caso in caso». Il rapporto completo «è senz’altro messo in conto e anche molto desiderato da parte di clienti che si sentono a loro agio con l’assistente». Ma non è sempre possibile, perché ci sono disabili impossibilitati all’attività genitale.

L’aspetto sentimentale, inoltre, non viene trascurato. L’ipotesi che un disabile si innamori del proprio assistente sessuale esiste. Vista l’intimità alla quale si arriva. Secondo Fumagalli «è questo uno dei punti più difficili da affrontare. Dove bisogna essere schietti, chiari, autentici e sinceri. Spiegando il percorso che si sta facendo. Che è un servizio sessuale, non la ricerca di un partner».

E tra i clienti c’è qualcuno che conclude il percorso. Riuscendo a vivere la propria sessualità in modo autonomo. «Nel mio caso – ci dice – mi viene in mente una donna che assistevo e che dopo un po’ di tempo mi ringraziò del lavoro svolto. Comunicandomi che era contenta di poter rinunciare alla mia prestazione perché aveva trovato un fidanzato e si era innamorata». E in fondo questo è anche uno degli obiettivi di un assistente sessuale.

Fonte: Superabile.it

11/09/2013