La Curia scende in campo: ”La pedana va bene”

La Curia scende in campo: ”La pedana va bene”

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Ritorna domenica 14 ottobre la giornata Nazionale delle persone con la sindrome di Down, promossa in tutta Italia dal CoorDown. “Siamo differenti. Tra noi” e’ il titolo dell’iniziativa che quest’anno è totalmente incentrata sull’inserimento nel mondo lavorativo. Per alcuni ragazzi caratterizzati dalla sindrome questo e’ già realtà.

Da mamma di un bimbo down di soli 4 anni posso proporre alcune brevi riflessioni.

In primis, ogni individuo è reso unico dalla propria esperienza e dalle proprie capacità e questo vale anche per le persone caratterizzate dalla sindrome di down.

Le piccole autonomie personali, necessarie per un qualsiasi ragazzo nella vita di ogni giorno, date dai più per scontate, non lo sono affatto per un ragazzo con la sindrome di down.

Muoversi autonomamente per la città, prendere mezzi pubblici (quindi orientarsi e saper usare i servizi e conoscere i comportamenti da tenere in strada), fare acquisti (e quindi capire il valore del denaro e l’uso della moneta piuttosto che di altri mezzi di pagamento), recarsi al cinema o teatro  piuttosto che andare a mangiare una pizza con i loro amici, comunicare con gli estranei, saper gestire le faccende domestiche! Ebbene sì, tutto questo è possibile anche per loro!

Dietro queste conquiste, però, c’è una enorme quantità di lavoro e fatica: ogni giorno questi bimbi già da piccolissimi vengono sottoposti a terapie che li prepareranno ad essere, in una corsa continua contro il loro handicap e contro i pregiudizi di una buona fetta di mondo, persone il più possibile autonome.

Essere autonomi è IL presupposto per poter essere inseriti nel mondo del lavoro e pensare di poter vivere fuori casa.

L’essere autonomi presuppone un cammino da fare insieme ai bambini (non in eterno bambini, come qualche ignorante ancora si ostina a sostenere!) down per farli diventare a tutti gli effetti uomini e donne in grado di essere parte attiva della società, nonostante i limiti che la sindrome comporta.

È necessario accompagnare i nostri ragazzi sia nell’apprendimento delle abilità pratiche che nell’acquisizione della consapevolezza di se stessi, delle proprie capacità e potenzialità.
In questo cammino gli ostacoli sono molti, alcuni insiti nei limiti propri della sindrome altri (quelli più difficili da affrontare e superare) posti da una società che ancora non è pronta a pensare che il disabile, se adeguatamente aiutato, addestrato e valorizzato, è una "risorsa", una ricchezza per l’intera società civile.

Questo richiede molto lavoro da parte di tutti e molte risorse concrete in termini di soldi e di tempo. Ma è inevitabile sostenere che se non investiamo nella "formazione/educazione" di questi “futuri uomini”, a partire già dalla scuola dell’infanzia, non potremo, poi, lamentarci dei costi sociali che la disabilità comporta.

Ora più che mai è necessario un vero e proprio cambiamento culturale, è necessario abbattere ancora qualche muro che persiste dove regna l’ignoranza. Accogliere una qualsiasi disabilità (e la disabilità è una condizione che può riguardare tutti direttamente o indirettamente ed in qualsiasi momento della vita) non significa "fare una buona azione", significa dare valore all’ESSENZA della persona al di là dell’efficienza e della capacità di produrre. E non è detto che un normodotato produca di più di un disabile!!!

Considerare e valorizzare i bimbi down per quello che sono, con i loro pregi e i loro difetti, con le loro potenzialità e con i loro inevitabili limiti, al di là dell’handicap che li caratterizza, li porterà ad essere degli adulti down pronti ad affrontare la vita attivamente, con impegno, competenza, DIGNITÀ  e  CONSAPEVOLEZZA. Qualità non scontate anche nei nostri giovani normodotati!

Flora Campolo – Associazione Carrozzine Determinate Abruzzo