La salute non diventi bene di consumo

La salute non diventi bene di consumo

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Inghiottiti nel buio per qualche ora per capire quanti e quali difficoltà affrontano quotidianamente le persone cieche e ipovedenti nella città di Torino. Un "viaggio" alla scoperta di un nuovo mondo, fatto di sensazioni, rumori e in cui ci vuole tanta memoria.

TORINO. Spesso diciamo che la città è una “giungla metropolitana”. Il perché è facile da capire, basti pensare alle migliaia di macchine che ogni giorno viaggiano sulle strade cittadine, a cui si aggiungono bus, tram, veicoli a due ruote e quant’altro. Ma le strade non sono popolate solo da mezzi di trasporto: ci sono le persone, tantissime, e ci sono i cani, di diverse razze, ci sono semafori, pali segnaletici, impalcature, ecc. Questa non vuole però essere una lista di ciò e di chi ogni giorno vive la città, ma serve a ricordare il perché spesso si dice che la città è una “giungla metropolitana”. A dirlo siamo noi, persone che tutto quello lo vedono, lo evitano o lo utilizzano. Insieme a noi però ci sono persone che vivono una quotidianità diversa, certamente più difficile. Parliamo delle persone non vedenti o ipovedenti: la loro città può rivelarsi molto più di una giungla ed è per questo che abbiamo voluto toccare con mano le difficoltà che ogni giorno si trovano a dover affrontare nella città di Torino. Quelle difficoltà che magari per noi non sono tali.


Bendati con un foulard colorato, siamo entrati per una mattinata nel mondo di chi non vede nulla o chi vede davvero poco. Un mondo fatto soprattutto di rumori, di sensazioni e di tanta memoria. Quest’ultima è forse la più fondamentale perché per un non vedente strada nuova vuole dire pericolo nuovo e memorizzare in fretta quel che si tocca (ostacoli compresi) aiuta molto. Ad accompagnarci, tenendoci ben stretti sottobraccio, è Angelo Panzarea, 45 anni, impiegato centralinista di una banca che ha la sua sede in centro città. Oltre a questo lavoro, Angelo fa anche il consulente informatico, occupandosi di accessibilità, all’interno dell’Università di Torino. Con lui ci conosciamo poco prima delle 9 davanti all’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti di corso Vittorio Emanuele II, a due passi dalla stazione di Porta Nuova. Dopo un caffè, che ha voluto pagare lui a tutti i costi, è iniziata la nostra passeggiata mattutina che, da lì a poche ore, ci ha permesso di capire meglio come Torino, l’amministrazione e i torinesi stessi sono messi a barriere architettoniche od ostacoli di altra natura.

Angelo è completamente cieco dalla nascita e per questo va in giro con un bastone. La prima cosa che si nota da bendati, nonostante siamo agganciati a lui, è la paura che viene spontanea nel camminare senza sapere dove si sta andando e che cosa ci sia intorno. Udiamo solo passi, voci e diverse macchine e pullman distanti pochi metri da noi. La prima domanda fatta ad Angelo è quasi banale, ma in realtà, in condizioni di cecità, non lo è affatto: “Angelo, come fai a sapere che stai andando dritto e non storto?”. “Semplice – risponde lui – mi tengo vicino al muro e con il bastone lo tocco costantemente”. Certo, come non averci pensato! Peccato che dopo pochi passi fatti incontriamo il primo ostacolo di una lunga serie: la lavagnetta di un bar, su cui il titolare ha scritto il menu del pranzo, è lasciata lì in mezzo ai portici di corso Vittorio senza autorizzazione e, peggio, incurante che ciò si trasforma in un ostacolo.

Dopo la prima ginocchiata data (ammetto fin da ora che sono state parecchie e altre sono state evitate grazie all’accortezza di Angelo) riprende la marcia e si palesa la prima vera difficoltà: l’attraversamento pedonale verso piazza Carlo Felice. Con grande contentezza il "via libera" per passare ce lo dà il suono emesso dal semaforo (dopo che Angelo aveva premuto l’apposito tasto), quasi una sorpresa sapere che molti di quelli installati funzionano per davvero. Si perdoni l’iniziale scetticismo.

Di seguito non ci sarà la descrizione di tutto il giro che abbiamo fatto, ma non possono mancare di certo i punti salienti di quanto appurato durante la lunga passeggiata per le vie del centro, forse quelle messe meglio dal punto di vista delle barriere architettoniche. Gli ostacoli sono tanti e, nonostante l’esperienza di una vita di Angelo nel barcamenarsi "nel buio", abbiamo fatto difficoltà a non cadere e sbattere più volte la testa. In città sono molte le cassette postali o di aziende del gas ed elettriche sospese e attaccate al muro: tutti ostacoli pericolosissimi. Il bastone che hanno le persone non vedenti infatti aiuta loro a individuare ciò che parte dal suolo, non quello che è posto più in alto. Eloquente è una delle fotografie scattate poco prima di dare una capocciata (foto).

Il peggio però è arrivato dall’anarchia di alcune persone. I motorini parcheggiati sui marciapiedi e le biciclette attaccate a qualsiasi tipo di palo e inferriata sono stati ciò che di più ci ha sorpreso: sono tantissimi e di solito neanche ce ne accorgiamo. E’ capitato, in particolare in via dell’Arsenale, di incappare in diversi mezzi a due ruote e di sbatterci fisicamente contro. In questo caso sensibilizzare è la cosa migliore e quindi, come dice uno spot dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, "non mettiamo le ruote tra i bastoni". Stesso discorso vale, seppur ne abbiamo notati molti meno, per i sacchetti della spazzatura lasciati fuori da negozi e fuori dai bidoni, macchine in sosta non negli spazi appositi, sedie dei dehors e, cosa rischiosissima, le deiezioni dei cani non raccolte dei padroni. Forse, e qui la risposta è impossibile da dare, non si tratta solo di inciviltà, ma di ignoranza del problema reale che si causa. Senza voler fare di tutta l’erba un fascio, aggiungiamo ciò che ci ha detto Angelo: "Molti ci aiutano anche se non siamo in evidente difficoltà, peccato per chi non ci arriva…".

Capitolo Comune di Torino. Come detto prima i semafori sonori, ove installati, suonano. Ma ce ne sono ancora troppo pochi e negli anni le lamentele non sono mancate. Il centro è fornito sicuramente più di altre zone: il problema però nasce proprio dove manca il famoso pulsante che permette al semaforo di suonare quando scatta il verde. Durante il nostro giro, a rigor di verità, se fossimo stati da soli senza Angelo, non avremmo fatto un passo oltre lo scalino del marciapiede: la sensazione di sapere di essere in mezzo alla strada, con macchine a destra e sinistra pronte a partire, che si sentono solo con l’orecchio senza poterle vedere, non è per nulla facile. E quando manca l’impianto semaforico sonoro o si è in un normalissimo attraversamento pedonale la paura triplica perché ci si affida solamente all’udito: "Si passa quando non si sentono provenire macchine", dice Angelo che sicuramente è uno dei più temerari in tutta la città. Altri preferiscono non uscire di casa senza una persona che li possa accompagnare. Come non capirli.

Lo spostarsi, il trasporto o il semplice muoversi per le persone non vedenti è complicatissimo. In questo il Comune non viene incontro loro da qualche anno, avendogli ridotto drasticamente il buono taxi. Ma la stessa cosa vale per i mezzi pubblici. Molti dei bus e tram Gtt sono dotati di impianto acustico (e visivo), ma quando abbiamo provato a prenderne uno – "stranamente" direbbe qualcuno – non funzionava. Angelo ci spiega che invece a volte funziona, ma può capitare che l’audio non sia sincronizzato con la fermata, quindi il rischio è di scendere quando la destinazione non è ancora stata raggiunta o quando è stata già superata. Test invece superato ampiamente in metropolitana, dove non si può muovere alcuna critica, ma solo fare un plauso all’amministrazione per le accortezze prese.

Il nostro lungo giro con Angelo si conclude in piazza Carlo Alberto. Una mattinata che ci ha insegnato tanto su come più di duemila persone in Torino vivono la propria quotidianità, fatta da tantissime insidie e ostacoli creati da noi stessi e senza alcun dubbio facilmente eliminabili con un "briciolo" di attenzione. Non sarebbe difficile parcheggiare moto e bici negli spazi idonei, così come pulire per terra i bisogni del cane o, questo vale per chi ha un’attività commerciale, evitare di lasciare pubblicità e lavagnette varie in mezzo al marciapiede. Se la civiltà di alcune persone è da insufficienza piena, al Comune di Torino si può dare un 6 per il centro, ma un’insufficienza per il resto della città per i suoi cantieri infiniti in primis. Immaginate un non vedente abituato a fare una strada che improvvisamente – e chissà per quanto tempo – diventa un cantiere. Si può e si deve fare ancora tanto perché gli impianti semaforici dovrebbero essere tutti attrezzati di suono idoneo all’attraversamento della strada, panettoni e paletti vari messi per non far salire le auto sui marciapiedi sono troppi e sono uno degli ostacoli su cui abbiamo dato più ginocchiate, i trasporti pubblici devono (sarebbe da scrivere in maiuscolo) essere accessibili a tutti, anche perché tanti soldi sono stati spesi, ma molti impianti non funzionano e chi ci rimette in questo caso non è solo il non vedente, ma anche le persone anziane o chi conosce poco Torino. Essere inghiottiti nel buio per qualche ora dà vita a un secondo mondo che, una volta che si tocca con mano, è difficile da poter dimenticare.

Andrea Abbattista

Fonte: TorinoToday.it

23/01/2015