La Sla raccontata da un infermiere a domicilio: in libreria “Buonanotte, Madame”

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Uno studio cercherà di sviluppare un algoritmo in grado di stabilire sulla base dei dati genetici un “punteggio di rischio” per singolo individuo.

ROMA. Più di metà del rischio di autismo, esattamente il 52%, è dovuto a varianti genetiche comuni alla popolazione generale, mentre meno del 3% è causata da mutazioni “spontanee” più rare. Lo afferma uno studio coordinato dalla Mount Sinai School of Medicine pubblicato da Nature Genetics.

I ricercatori hanno analizzato i genomi di 3mila svedesi con autismo con quelli di altrettante sane, confrontando i risultati con quelli di uno studio parallelo su 1,6 milioni di persone sempre svedesi.

«Le variazioni che abbiamo trovato sono così comuni che la maggior parte delle persone ne ha almeno qualcuna – spiega Joseph Buxbaum, l’autore principale -. Ognuna ha un effetto piccolo, ma molte centinaia o migliaia danno un rischio significativo».

Secondo l’esperto la presenza delle varianti comuni può solo determinare il rischio di autismo, e non se si svilupperà o no la sindrome, un po’ come avviene per le malattie cardiovascolari, di cui si conoscono i fattori di rischio ma che non necessariamente si sviluppano anche in chi li possiede.

«Questo studio dimostra che la genetica ha il ruolo principale nello sviluppo dell’autismo rispetto ad altri fattori, rendendolo più simile all’altezza rispetto a quanto si pensava prima – afferma Kathryn Roeder della Carnegie Mellon University, responsabile dell’analisi statistica -. Altri piccoli fattori di rischio si aggiungono spingendo una persona nello spettro autistico».

Lo studio, spiega Roeder, proseguirà cercando di sviluppare un algoritmo in grado di stabilire sulla base dei dati genetici un “punteggio di rischio” per singolo individuo, che servirà ad aiutare le diagnosi e a intervenire precocemente.

Fonte: La Stampa.it

17/10/2014