Maurizio Guanta, papà di Edoardo, un bambino di 7 anni con la distrofia Duchenne, testimonierà così l’impegno dell’associazione di genitori e il sostegno alla ricerca. Percorrerà i 42 chilometri della tappa Barbaresco-Barolo
ROMA – Il 22 maggio Maurizio Guanta, il papà di Edoardo, un bambino di 7 anni che convive con la distrofia di Duchenne, percorrerà la 12ma tappa del Giro d’Italia per testimoniare la lotta contro questa patologia e l’impegno dell’associazione dei genitori Parent Project onlus. Guanta partirà con un congruo anticipo sul primo corridore e percorrerà i 41,9 chilometri della tappa Barbaresco-Barolo. L’obiettivo è di sensibilizzare l’opinione pubblica, gli sportivi e tutti gli appassionati di ciclismo sul tema. Queste le parole del genitore-ciclista: "Il 22 maggio prenderò parte alla 12° Tappa del Giro D’Italia, la Cronometro individuale di Barbaresco-Barolo 41.9km.
La mia corsa vuole testimoniare la lotta alla Duchenne per garantire un futuro ai nostri figli. Come genitore di Edoardo, voglio testimoniare l’impegno per fermare la Duchenne, ma per sconfiggere questa grave patologia è necessario l’impegno di tutti noi genitori, e non solo: ognuno può dare il suo piccolo contributo per finanziare la ricerca scientifica e permetterci di avvicinarci sempre più all’efficacia di una cura, per garantire ai nostri figli la migliore qualità della vita".
La distrofia Muscolare di Duchenne e Becker è una malattia genetica rara che colpisce 1 su 3.500 bambini nati vivi, quasi esclusivamente maschi, e si manifesta intorno ai 2-3 anni di vita. Si stima che in Italia siano 5.000 le persone affette dalla malattia. Si tratta della forma più grave tra le distrofie muscolari ed è causata dall’assenza di una proteina detta "distrofina", che conduce a una progressiva diminuzione della forza muscolare fino ad arrivare alla perdita definitiva della deambulazione autonoma che avviene generalmente tra i 9 e i 14 anni, quando il ragazzo è costretto a muoversi su una sedia a ruote. La degenerazione colpisce in seguito anche il cuore e i muscoli respiratori fino a rendere necessaria la ventilazione assistita. Fino a pochi anni fa, prima dei sistemi di ventilazione meccanica, il rischio di morte era elevatissimo, tra i 20 e i 30 anni. Attualmente non esiste una cura specifica, ma i costanti progressi della ricerca scientifica e i trattamenti multidisciplinari applicati hanno permesso di migliorare la qualità della vita dei pazienti e raddoppiare le aspettative di vita rispetto a quelle di qualche decennio fa.
Fonte: Superabile.it
20/05/2014