Le Chiese siano accessibili”: parte da Palermo l’appello dei disabili

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L’Istituto – grazie all’attività condotta da oltre 20 anni dall’ex Ispesl – è oggi all’avanguardia nello studio delle reti neurali, i modelli matematici che "interpretano" il reale e utili anche per prevedere i livelli di inquinamento che comportano esposizioni dannose per chi svolge la propria professione in ambienti aperti

ROMA – Oggi l’intelligenza artificiale – branca della matematica che, attraverso le reti neurali, si occupa delle capacità di capire e interpretare il mondo a partire dalla sua conoscenza – ha invaso ogni settore: dall’economia alla biologia, dalla medicina all’ambiente. E all’ex Ispesl – oggi Inail – sono ormai 20 anni che tecniche del genere vengono sviluppate a favore della tutela della salute dei lavoratori: in particolare per la previsione dei livelli di inquinamento che possono comportare esposizioni dannose per l’organismo (con conseguenti complicazioni patologiche).

L’importanza delle reti neurali per l’Inail. Per i ricercatori dell’Istituto l’intelligenza artificiale rappresenta uno strumento essenziale per comprendere come simulare l’inquinamento atmosferico proprio là dove non riesce la modellistica convenzionale: nelle grandi città o, più in generale, nelle realtà "complesse" (per esempio le aree metropolitane come Roma, e non solo). Le reti neurali, infatti, sono decisamente funzionali nel "simulare" sia l’ozono che il materiale particolato (il cosiddetto PM10, le polveri sottili). Studi analoghi sono stati condotti anche relativamente agli inquinanti convenzionali (quali anidride carbonica, anidride solforosa, gli ossidi di azoto e le loro miscele) e le reti hanno mostrato le stesse prestazioni dei modelli deterministici.

Essenziali nella riproduzione degli inquinanti. L’ozono e il PM10, oltre ad avere un importante impatto sulla salute umana, sono inquinanti molto difficili da riprodurre perché sottoposti alle trasformazioni chimiche (oltre che al trasporto). "Con le reti neurali si possono ottenere delle buone previsioni di ozono con circa tre, quattro giorni in anticipo, dando così alle autorità la possibilità potenziale di intervenire su tutti quei soggetti considerati a rischio", afferma Armando Pelliccioni, fisico e ricercatore Inail del dipartimento Installazioni di produzione e insediamenti antropici, che da molti anni studia questa materia. "Per noi dell’Inail ciò riveste un’importanza strategica: si pensi, per esempio, a tutti quei lavoratori che operano in ambienti aperti, non confinati, dove prevedere in anticipo e in modo corretto i livelli di inquinamento può essere fondamentale per evitare loro esposizioni dannose e fornire, al contempo, indicazioni chiare sull’uso dei dispositivi di protezione. Se si facesse sistematicamente ricorso a questi strumenti, alcune malattie professionali di particolari categorie di lavoratori dovute all’inquinamento potrebbero essere meglio controllate".
Una risorsa per combattere le patologie respiratorie. "Sul versante della ricerca più spinta, una delle applicazioni maggiormente interessanti ha riguardato la possibilità di incrociare i dati ambientali con i ricoveri per patologie respiratorie e cardiovascolari, e di prevedere questi ultimi usando le reti neurali", continua Pelliccioni. "I risultati hanno mostrato che le reti riescono ad anticipare in modo corretto il numero dei ricoverati, anche nei periodi estivi, dove tutti gli altri modelli arrancano. Mentre gli studi sulle applicazioni ambientali sono ormai consolidati, gli effetti dell’ambiente sulla salute dell’uomo sono un aspetto della ricerca ancora inesplorato e da scoprire. Abbiamo mosso i primi passi e i risultati ci danno una chiara indicazione sulla strada da intraprendere".

L’utilizzo in Italia e all’estero. La realtà scientifica italiana sull’intelligenza artificiale deve molto, quindi, alla ricerca condotta dall’Inail (ex Ispesl). "Le reti neurali, a prescindere dai problemi ancora irrisolti, attualmente sono e rimangono gli strumenti matematici più potenti a disposizione per analizzare dati sperimentali e nella ricerca di base e applicata riescono senza dubbio a fornire un supporto valido di intervento", valuta Pelliccioni. "Finora questi strumenti non sono usciti ancora dagli stretti ambiti delle ricerca, almeno in Italia, ma in altri Paesi non è così: in Finlandia sono ufficialmente usati da importanti enti governativi, quali l’Istituto di Meteorologia, per fare le previsioni. Negli Stati Uniti ogni anno l’American Meteorological Society (la principale organizzazione statunitense per la promozione, lo sviluppo e la diffusione di informazioni sulla meteorologia, l’oceanografia e l’idrologia, ndr) nel suo annuale forum scientifico – il più importante degli Usa – prevede una sessione specifica sulla problematica della intelligenza artificiale per le tematiche ambientali". Insomma, le reti neurali sono uno strumento importante e, fino a ora, l’Inail è al passo con la ricerca.

Com’è nata l’intelligenza artificiale. Ma come si è sviluppato questo affascinante metodo matematico? Nel 1943 due stimati ricercatori, W.S. McCullock e W. Pitts, ebbero l’idea di simulare un neurone per cercare di riprodurre, dal punto di vista matematico, il funzionamento del cervello nella sua globalità. Ogni neurone aveva delle regole di comportamento simili a quelle biologiche e ognuno apparteneva a un insieme collettivo di altri neuroni, similmente a quello che avviene nel nostro cervello. Un ulteriore passaggio fondamentale avvenne quando i singoli neuroni vennero organizzati in strutture di complessità crescente per giungere alle cosiddette reti neurali.
Una materia ancora "misteriosa". Nacquero così le prime architetture di reti neurali, il cui funzionamento era sempre lo stesso: una prima fase di apprendimento dell’informazione da alcuni esempi reali seguita dalla conseguente "specializzazione" della rete neurale a svolgere quel tipo di compito. "Da allora sono stati fatti enormi passi avanti sia dal punto di vista teorico, ma ancor di più in quello applicativo", sottolinea il fisico dell’Inail. "Queste tipologia di interventi ha in comune il fatto di partire da sistemi dei quali la rete riesce a "capire da sola" i principi regolatori. Da questo punto di vista ancora oggi i segreti profondi del comportamento delle reti neurali non sono del tutto chiariti". Perché la rete "apprende"? Che tipo di informazione è necessaria per un "buon apprendimento"? Ma soprattutto, possiamo fidarci dei "modelli" matematici riprodotti delle reti neurali?

Le criticità. "Se, da un lato, le reti neurali senza dubbio sono i modelli matematici più potenti attualmente utilizzati in ambito scientifico, esse mostrano, dall’altro, delle criticità di non poco conto", riconosce Pelliccioni. "I problemi principali non risiedono tanto nel processo di "comprensione" della rete, quanto nella possibilità di "sapere generalizzare" il modello anche in riferimento alle nuove informazioni emerse e mai vista prima. Questo è uno dei limiti : importante, certo, ma non insuperabile". Oggi la ricerca più avanzata sta cercando di porvi rimedio e importanti passi sono stati fatti, sviluppando "tecniche di gestione" della rete che possono comportare una buona capacità di capire anche le informazioni "nascoste". "Siamo però ben lontani da una soluzione definitiva", dice Pelliccioni, "e riuscirci, un giorno, potrebbe imporre questi modelli basati sulla intelligenza artificiale come modalità fondamentali per la ricerca scientifica".
Il rapporto con la fisica. "L’altro problema del tutto aperto è, invece, come includere all’interno di questi modelli la fisica vera. Ovvero come simulare la realtà usando le stesse informazioni dei modelli deterministici: tanto per capirci, le nostre vecchie equazioni di Newton e le annesse derivazioni", conclude Pelliccioni. "Questo è un settore vergine, non ancora esplorato, dove a mio avviso le reti potrebbero contribuire a dare una risposta importante, soprattutto per quelle questioni dove la fisica trova problemi insormontabili da gestire. Mi riferisco, solo per fare un esempio, alla fluidodinamica, dove la fisica è completamente conosciuta, ma è impossibile fare anticipazioni buone che durino nel tempo: si pensi a quelle meteorologiche o sul clima, dove – benché il settore sia abbondantemente ‘coperto’ da dati – si riesce a concludere poco sul versante delle previsioni".

Fonte: Inail
 
Segnalato da: superabile.it

01/08/2011