L’importanza della memoria, per far valere i nostri diritti

L’importanza della memoria, per far valere i nostri diritti

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L’analisi di Maria Giulia Marini (Istud) sul progetto del Comitato 16 novembre: "Restare in casa dà vantaggi qualitativi oggettivi, ma manca una vera valutazione". Gli over 90 muoiono 6 mesi prima nelle Rsa, per gli over 65 accelerazione della morte fino a 10 anni

ROMA – "Attenzione quando parliamo di assistenza a casa. Sicuramente i pazienti la vogliono: come risulta da uno studio che il nostro Istituto ha effettuato, va dall’86 al 92% la percentuale di chi chiede di essere curato a casa. La percentuale però si abbassa del 20-30% quando a parlare sono i familiari. Perché su di loro, sui caregiver familiari, grava un peso enorme, peso che spesso si accollano le donne, che rappresentano l’80% dei caregiver". A parlare è Maria Giulia Marini, responsabile dell’area Sanità e salute della Fondazione Istud. A lei, esperta in organizzazione dei sistemi sanitari e revisione dei percorsi assistenziali, abbiamo chiesto un parere sulla fattibilità logistico-organizzativa e sulla sostenibilità economica del progetto "Restare a casa" per il quale si sta battendo il Comitato 16 novembre onlus. "Non è fantascienza una presa in carico globale della persona a casa – esordisce Marini -, è una battaglia che portiamo avanti da vent’anni e ha le sue basi nella libertà di scelta dei luoghi di cura e dei curanti prevista dal Sistema sanitario nazionale. Una libertà di scelta che va regolamentata". Marini ricorda subito che in altri Paesi Ue come la Francia il ministero unico della Salute e delle politiche sociali garantisce equipe assistenziali a domicilio pagata dal servizio sanitario nazionale. Marini cita anche la Svizzera, dove le cure domiciliari funzionano sempre grazie a una forte integrazione socio-sanitaria. In Italia "le regioni hanno ognuna un proprio orientamento", ma laddove si è partiti seriamente con le cure a casa "come in Toscana, dove il 25% dei pazienti gravi è preso in carico in modo globale sul territorio attraverso le case della salute e lasciando il paziente nel suo domicilio", le cose funzionano.

Per quanto riguarda i costi, se "il risparmio è netto tra domicilio e ospedale", Maria Giulia Marini sostiene che le cure a domicilio non comportano risparmi oggettivi per la sanità rispetto al ricovero in Rsa, se non nel caso in cui c’è un caregiver familiare tra i curanti. "Come cifre si equivalgono, una Rsa costa dai 2200 ai 2800 euro al mese per paziente non autosufficiente, ed è la stessa cifra per un’assistenza a casa continua, con due badanti e specialisti sanitari, se la persona è sola, cioè se non può contare sull’assistenza di un familiare".

Nel restare a casa non ci sarebbero, secondo l’analisi di Marini, vantaggi economici, ma ci sono di sicuro vantaggi qualitativi: "Meno si tiene un paziente in istituto e meglio è, ci sono evidenze scientifiche che lo dicono. Da studi pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche sappiamo che la durata della vita è più lunga quando la persona è assistita a domicilio. Nel caso degli ultranovantenni il dato è che nelle Rsa si muore sei mesi prima, nel caso degli over 65 si registra un’accelerazione della morte fino a 10 anni rispetto alla gestione a domicilio". Poter restare a casa significa identità, autonomia, relazione – mette in evidenza Marini – mentre l’istituzionalizzazione è isolamento, anonimato, anche se la stanza è colorata e ha i quadri appesi alle pareti. A casa diminuisce anche il rischio di incorrere in infezioni.

"Quello che manca è la valutazione seria dell’efficacia delle cure a domicilio, gli esiti di salute". Marini sottolinea le "resistenze" alla domiciliarità che sono ancora presenti "nell’imprinting di medici e infermieri". Segno di questa persistenza sarebbe la proposta, che sta accendendo un forte dibattito, di cancellare l’anno di tirocinio del futuro medico sul territorio: "Questo ultimo anno di formazione è caratterizzato dalla pratica sul territorio presso la medicina generale. E’ il momento in cui si impara a prendersi cura del paziente non solo in stato di acuzie, si entra nelle case e si capisce come vive la persona. Io sono convinta che è un anno fondamentale e da non tagliare".

Fonte: Superabile.it

13/11/2013