L’utilizzo delle nuove tecnologie nel trattamento del disturbo mentale

L’utilizzo delle nuove tecnologie nel trattamento del disturbo mentale

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FOGGIA. Uno spazio per bambini e adulti con la sindrome di Down dove imparare a diventare autonomi. Una casa trasformata in un grande laboratorio socio-educativo, dove i ragazzi, attraverso l’aiuto degli operatori, apprendono come gestire la loro vita. Un corso di cucina, di arte, di teatro, di musica fino a quello dal nome suggestivo “imparare a campare”, dove i ragazzi si mettono alla prova con l’idea di andare a vivere da soli e di capire come conciliare il proprio tempo tra lavoro, faccende di casa e relax. Fare la spesa, cucinare, pulire, prendere l’autobus sono solo alcune delle attività in cui si cimenteranno i 6 ragazzi, tra i 18 e 27 anni, per consentirgli di raggiungere l’indipendenza e spiccare così il volo dal loro nido familiare. Il progetto “Le chiavi di casa” è stato realizzato dall’Associazione civico 21 di Foggia in collaborazione con l’Aipd (Associazione italiana persone down). “Il nostro obiettivo è permettere ai ragazzi di poter fare delle scelte in completa autonomia – dice Stefano Rinaldi, presidente di Civico 21 –. In questo modo si migliora l’inclusione sociale e si supera la logica d’assistenza, permettendo loro di vivere una vita come tutti gli altri”.

Dal lunedì al venerdì, dalla mattina al pomeriggio i ragazzi si ritrovano all’interno dell’appartamento e vengono seguiti dagli operatori mentre svolgono diverse attività. C’è chi va a fare la spesa, e quindi deve prepararsi la lista delle cose da comprare, c’è chi si occupa di pulire la casa, chi prepara il pranzo e chi semplicemente esce a fare una passeggiata. Mentre i ragazzi svolgono i diversi compiti, gli operatori li seguono cercando solo di indirizzarli nelle cose da fare, ma senza mai sostituirsi a loro. “Devono essere loro a prepararsi da mangiare, a saper fare un biglietto dell’autobus o qualsiasi altra attività – racconta Rinaldi – noi ci limitiamo solo a spiegare le cose quando è necessario”. Il corso di residenzialità autonoma è l’ultima fase di un percorso più ampio che vede coinvolti non solo gli adulti ma anche i ragazzi più piccoli. “Pensiamo che intervenendo in maniera precoce sugli aspetti legati all’autonomia delle persone con sindrome di Down si possono migliorare notevolmente le loro capacità – continua –. In questo modo i ragazzi possono affrontare in maniera più consapevole la loro disabilità per vivere momenti di vita indipendente, avere una propria vita sociale o trovare un lavoro”.

L’associazione ha, infatti, creato due club divisi per fascia d’età: nel primo, “Club dei ragazzi in gamba”, i giovani adulti s’incontrano per svolgere attività di laboratorio o per passare il loro tempo; mente per i più piccoli il “Club dei giovani esploratori è stato pensato per avviare i bambini in percorsi di autonomia attraverso attività di tipo ludico. “In quello per i bambini gli insegniamo a prepararsi la cartella per la scuola, a lavarsi o a vestirsi, ma lo facciamo attraverso attività ludiche – conclude Rinaldi – Il gioco è il miglior modo per interagire e imparare in fretta. Per i più grandi invece il club è un luogo d’incontro dove chiacchierare, partecipare a delle attività laboratoriali o semplicemente organizzarsi una serata in giro da soli”. A sostenere il progetto oltre all’Aipd ci sono le famiglie dei ragazzi che contribuiscono, attraverso una quota d’iscrizione, a far fronte alle spese necessarie. (Dino Collazzo)

Fonte: Redattore Sociale.it

23/01/2015