Pubblicato da Elena Lucchetti
Le variazioni più importanti nelle performance sono dovute principalmente a tre componenti: memoria a breve termine, ragionamento e capacità di verbalizzazione. Tuttavia nessuna componente da sola può spiegare il QI.
Un nuovo studio condotto da Adrian Owen del Western’s Brain and Mind Institute è pronto a sfatare la leggenda del QI (Quoziente Intellettivo). La ricerca ha coinvolto oltre 100 mila persone da tutto il mondo, che hanno potuto partecipare attraverso il web. I volontari hanno eseguito 12 test cognitivi che indagavano la memoria, l’attenzione, le capacità di ragionamento e di pianificazione; inoltre erano invitati a compilare un questionario che esplorava le abitudini, lo stile di vita e la situazione socioeconomica e familiare.
I risultati ottenuti dai molteplici dati a disposizione hanno messo in luce che le variazioni più importanti nelle performance sono dovute principalmente a tre componenti, ovvero la memoria a breve termine, il ragionamento e la capacità di verbalizzazione. Tuttavia nessuna componente da sola può spiegare il QI.
Il ricercatore ha inoltre sottoposto alcuni soggetti a risonanza magnetica funzionale (fRMI), osservando che le differenze nelle abilità cognitive corrispondono a circuiti cerebrali tra loro differenti. Gli ampi dati hanno reso possibile la valutazione di caratteristiche come l’età, il sesso o le abitudini (ad esempio il gioco on-line) e come esse possano influenzare le capacità cerebrali: l’avanzare degli anni ad esempio incide sul ragionamento e la memoria, il fumo impatta negativamente sulla capacità di verbalizzazione e sulla memoria a breve termine, l’ansia mina in maniera prevalente la memoria a breve termine, mentre i videogiochi parrebbero favorire il ragionamento e la memoria a breve termine.
Attualmente lo studio sta proseguendo con versioni nuove del test, a cui si può registrare andando sul seguente sito: www.cambridgebrainscience.com/theIQchallenge. Tuttavia le finalità ultime dello studio non sono state rese note dagli autori per evitare che i risultati dei test possano essere falsati dalle aspettative dei partecipanti.
Un altro studio sembra avvalorare i risultati ottenuti citati precedentemente, infatti Kou Murayama, uno psicologo dell’Università di Monaco, afferma che le capacità matematiche non dipendono dal QI, ma dal grado di motivazione ad apprendere numeri e le operazioni.
La ricerca è stata condotta su 3.500 bambini delle elementari ed ha mostrato che l’intelligenza è effettivamente importante nei primi momenti dell’apprendimento delle competenze di una materia; ma in seguito, per il raggiungimento di alcuni traguardi, ciò che diviene necessario è una buona motivazione e un elevato interesse per la materia che si sta apprendendo, associati ad autostima e capacità nello studio. Gli insegnanti, quindi, potrebbero tenere conto di questi fattori in modo da far progredire gli allievi nello studio nel modo migliore e più sereno possibile.
Fonte: Stateofmind.it
22/02/2013