La recente legge di stabilità ha inserito anche permessi lavorativi e congedi legati alla condizione di handicap fra il periodo effettivamente lavorato per poter accedere alla pensione anticipata. Ma il Parlamento ha sbagliato tecnicamente la norma e gli uffici del personale ora creano difficoltà agli aspiranti pensionati. Dal Parlamento urge un chiarimento
ROMA – La legge è scritta male, gli uffici del personale iniziano a fare problemi e il diritto alla pensione anticipata rischia di smaterializzarsi. Sta creando non pochi problemi quella che sul principio sembrava essere solamente una svista, una dimenticanza o una leggerezza da parte del Parlamento, al punto che proprio dal Parlamento sarebbe il caso che arrivasse un intervento chiarificatore per evitare conflitti e disagi. Sul piatto c’è il diritto alla pensione anticipata per chi usa i congedi e i permessi lavorativi legati alla condizione di handicap.
I criteri utili per poter andare in pensione. Come noto, il decreto "Salva Italia" del 2011 (governo Monti) ha abolito la pensione di anzianità e ha stabilito che sia possibile andare in pensione solo dopo aver maturato i requisiti anagrafici di "vecchiaia", cioè solo dopo aver raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia. Al posto della pensione di anzianità è stata introdotta la pensione anticipata: chi vuole andare in pensione prima dell’età di vecchiaia, può farlo se ha un certo numero di anni di contribuzione. La riforma delle pensioni ha poi introdotto penalizzazioni per chi chiede la pensione anticipata prima dei 62 anni. Con il Milleproroghe 2012 è stato poi stabilito che le riduzioni non sono applicabili nei confronti di chi matura il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, ma solo nel caso che tale anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro. La normativa prevede che in questi "periodi di prestazione effettiva di lavoro" sono compresi anche i periodi di maternità, di assolvimento degli obblighi di leva, di malattia, infortunio e cassa integrazione guadagni ordinaria. Non invece i giorni non lavorati per permessi e congedi previsti dalla legge 104, oltre alla cassa integrazione straordinaria, i riscatti di laurea, e via dicendo.
Con la mancata previsione del conteggio dei permessi e congedi previsti dalla legge 104 venivano di fatto penalizzati i soggetti deboli, come il lavoratore disabile che utilizza i permessi per se stesso e i lavoratori che usufruiscono di permessi e congedi per l’assistenza di un familiare disabile. Per questa ragione, numerose associazioni e sindacati hanno chiesto di cambiare le norme e di fare in modo che anche quei giorni venissero conteggiati come lavoro. E qui c’è stata la leggerezza di cui parlavamo.
Nell’ultima legge di stabilità si è stabilito che valessero anche "i congedi e i permessi concessi ai sensi dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104". Ma i congedi non sono previsti dall’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, bensì dall’art. 42 del decreto legislativo 151/2001. Un equivoco che sta cominciando a comportare qualche problema per i destinatari del beneficio. Giungono infatti segnalazioni sul fatto che alcuni uffici del personale hanno sollevato dubbi sull’applicabilità della norma. Ad andarci di mezzo, nell’incertezza, sono i lavoratori.
Fonte: Superabile.it
03/03/2014