Circa duemila persone soffrono di questa malattia nella regione. Terapie tradizionali e il nuovo metodo di Paolo Zamboni
CHIETI. Neuroni come fili elettrici a cui d’un tratto si sfilaccia la guaina protettiva, la mielina. E’ allora che per i malati di sclerosi multipla il mondo diventa a intermittenza, fatto di stanchezza e dolori nevralgici, intervallati da periodi di relativo benessere, fino a diventare un cammino inesorabile verso l’invalidità. Per loro, circa oltre 2 mila in Abruzzo, da anni esistono farmaci in grado di tenere a bada i sintomi e rallentare il decorso della malattia. Le società farmaceutiche vi investono molto, tanto che da qui al 2018 è attesa la commercializzazione di una decina di nuovi farmaci. A questi, da qualche anno, sembra potersi aggiungere un’arma in più, grazie all’intuizione di Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell’università di Ferrara, convinto che almeno una parte dei sintomi della sclerosi multipla siano correlati all’insufficienza cronica venosa cerebrospinale, ossia a un ristagno nel cervello del sangue “sporco”, che non riesce a uscirne in maniera agevole a causa di una malformazione del circolo venoso, risolvibile con un intervento di angioplastica, Pta, che va a correggere i restringimenti delle vene. Un’ipotesi scientifica che ha spaccato in due il mondo della scienza e dei malati, con “tradizionalisti” da una parte e “zamboniani" dall’altra. In Abruzzo interventi di Pta sulle vene giugulari e azygos sono stati fatti, oltre 400 casi, nella neuro-radiologia dell’Aquila e nelle radiologie interventistiche di Teramo, Avezzano e della casa di cura Pierangeli a Pescara, l’unica dove continuano, seppur in maniera decisamente ridotta. Come la pensano neurologi e interventisti abruzzesi sulla vicenda? «Cerco di mantenere una posizione aperta e lucida sul metodo Zamboni», dice Alessandra Lugaresi, responsabile del Centro regionale di Sclerosi mutipla di Chieti, «ciononostante devo rilevare che almeno 50 pazienti da me seguiti si sono sottoposti, talora anche 2 volte, all’intervento di angioplastica, senza risultati positivi nella maggior parte dei casi. Ciò che è anomalo è che si eseguano esami ed interventi spesso a pagamento (non in Abruzzo, ndc), che non siano previste procedure di selezione dei pazienti in base alle condizioni cliniche, che non vi siano controlli programmati. E’ importante far comprendere ai pazienti che non devono abbandonare le terapie convenzionali, dotate di buona efficacia, per eseguire l’angioplastica, sulla cui validità per la sclerosi multipla manca ancora l’evidenza scientifica». Diverse sono le esperienze riferite da Teramo e L’Aquila. «Noi trattiamo le stenosi delle vene giugulari e azygos, non la sclerosi multipla», afferma Vincenzo D’Egidio della radiologia interventistica di Teramo, «siamo intervenuti in day hospital su oltre 100 casi, senza nessuna complicanza e misurando le pressioni pre e post trattamento, cosa che nessuno fa in Italia. Trattiamo i pazienti che abbiano eseguito un eco- doppler in altra sede, e che sono risultati positivi per la patologia venosa». Teramo oggi è ferma, pronta a ripartire, come anche Avezzano e L’Aquila, se sopravvenisse più chiarezza dalle istituzioni e dalla comunità scientifica. Intanto, per alcuni degli intervistati, la Pta sarebbe più efficace nelle forme di Sm esacerbante- remittiva. «Noi i pazienti», afferma Massimo Gallucci, ordinario di neuroradiologia nell’Università di L’Aquila, «li abbiamo valutati scrupolosamente in sinergia con i chirurghi vascolari, ottenendo riscontri in termini di miglioramento delle funzioni sfinteriali e vescicali, che per un malato significano un miglioramento incisivo nella qualità della vita».
di Sipo Beverelli
Fonte: Il Centro.it
13/02/2013