"Il mondo dei diritti non può essere appannaggio solo dei sani". Nella VI Giornata mondiale sull’autismo, l’arcivescovo Zygmunt Zimowski ricorda le parole di Giovanni Paolo II, a otto anni dalla sua morte. E invita ad abbandonare gli stereotipi e a non far mai mancare l’attenzione alla persona
ROMA – "In occasione della sesta Giornata mondiale sull’autismo, che quest’anno ricorre nel tempo liturgico delle festività pasquali, il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari intende manifestare la sollecitudine della Chiesa per le persone autistiche e per le loro famiglie, invitando le comunità cristiane e le persone di buona volontà ad esprimere autentica solidarietà verso di esse". Inizia così il messaggio del presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, diffuso oggi.
"Autismo è parola che fa paura ancora oggi" si legge nel messaggio, "nonostante in moltissime culture che, tradizionalmente escludevano le minorazioni, si sia iniziato ad accettare socialmente i "diversamente abili", a smantellare molti dei pregiudizi che circondano le persone con disabilità e persino i loro genitori. Definire qualcuno un autistico sembra comportare un giudizio negativo su chi ne è colpito e, implicitamente, una sentenza di allontanamento definitivo dalla società. D’altro lato la persona appare incapace di comunicare in modo proficuo con gli altri, talvolta come recluso in una "campana di vetro", il suo imperscrutabile, ma per noi meraviglioso, universo interiore. E’ questa un’immagine "tipica e stereotipata" del bambino autistico che necessita di una profonda rivisitazione. La Chiesa ha sempre manifestato la sua attenzione a questo aspetto della medicina con testimonianze concrete a livello universale. Soprattutto, è testimonianza l’Amore oltre lo stigma, quello stigma sociale che isola l’ammalato e lo fa sentire un corpo estraneo: faccio riferimento a quel senso di solitudine che spesso viene raccontato nella moderna società ma che diventa ancora più presente nella moderna sanità, perfetta nella sua "tecnicità" ma sempre più priva e disattenta per quella dimensione affettiva che dovrebbe, invece, essere l’aspetto qualificante di ogni atto o percorso terapeutico". Di fronte ai problemi ed alle difficoltà che incontrano questi bambini ed i loro genitori, la Chiesa propone – afferma ancora il messaggio – con umiltà la via del servizio al fratello sofferente, accompagnandolo con compassione e tenerezza nel suo tortuoso percorso umano e psico-relazionale, avvalendosi dell’aiuto delle parrocchie, delle associazioni, dei movimenti ecclesiali e delle persone di buona volontà.
"Non deve mai mancare l’attenzione globale alla persona "fragile" come può essere un malato di autismo" prosegue l’arcivescovo. "Si tratta di accogliere i bambini autistici nei diversi settori delle attività sociali, educative, catechistiche, liturgiche in un modo corrispondente e proporzionato alla loro capacità relazionale". E oggi, a 8 anno dalla morte di Giovanni Paolo II, Zimowski ricorda le parole che il papa polacco disse ai partecipanti al simposio internazionale su "Dignità e diritti della persona con handicap mentale" del 2004: "Il mondo dei diritti non può essere appannaggio solo dei sani. Anche la persona portatrice di handicap dovrà essere facilitata a partecipare, per quanto le è possibile, alla vita della società ed essere aiutata ad attuare tutte le sue potenzialità di ordine fisico, psichico e spirituale. Soltanto se vengono riconosciuti i diritti dei più deboli una società può dire di essere fondata sul diritto e sulla giustizia".
Fonte: Superabile.it
03/04/2013