Pugni al destino verso Rio 2016: la sfida di un pugile cieco

Pugni al destino verso Rio 2016: la sfida di un pugile cieco

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Lea e Inps rivoluzionano le procedure per diagnosi, indennità e assistenza.

ROMA. Non chiamateli malati, hanno semplicemente un diverso modo di stare al mondo. Mille sfumature che rendono complesso diagnosticare precocemente la sindrome dello spettro autistico, facendo così diventare il piano terapeutico per questo disturbo – colpisce nel nostro Paese 4 bambini ogni mille – e il riconoscimento d’invalidità, un calvario per le famiglie. Ma oggi qualcosa si muove. Da un lato, infatti, i nuovi Lea introducono per la prima volta punti fermi nella diagnosi e nell’assistenza socio-sanitaria e, dal-l- ’altro, l’Inps ha semplificato la procedura per il riconoscimento dell’indennità d’accompagnamento. Il tutto unito a un testo unificato sull’autismo che la commissione Sanità di Palazzo Madama, in sede deliberante, inizierà ad esaminare già domani.

‘Presa in carico del paziente e sostegno alla famiglia’ sono le principali novità introdotte nei Lea. Nel documento, non ancora ufficiale, oltre alla diagnosi precoce e ad un programma terapeutico personalizzato, si prevedono interventi d’accompagnamento per genitori e pazienti, tutte le azioni da attivare nella rete sociale e la collaborazione con pediatri e scuole. «O- ra la vera sfida è avere prestazioni omogenee su tutto il territorio », dice il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, intervenendo a Montecitorio all’incontro sulle nuove prospettive per l’autismo, organizzato dalla deputata Paola Binetti (Area popolare). I nuovi terreni d’azione per questa sindrome, aggiunge, sono innanzitutto «un censimento dei soggetti affetti dalle diverse patologie dello spettro autistico, per avere una piattaforma numerica su cui lavorare » e rendere «presto operativa» la legge sul ‘dopo di noi’.

Oltre all’assistenza, tuttavia, un ostacolo per le famiglie sono i differenti criteri diagnostici che le sedi territoriali Inps adottano. Dopo una prima svolta a luglio 2014, ora un nuovo passo avanti a pochi giorni dalla Giornata mondiale sull’autismo del 2 aprile. «Le commissioni mediche Inps diano il giudizio – annuncia il coordinatore generale medico legale dell’Istituto, Massimo Piccioni – di fronte a verbali delle Asl e alla documentazione sanitaria del centro di riferimento, senza sottoporre i bambini a ulteriore visita». Un’indicazione, presto obbligatoria, che arriva dopo la circolare dell’estate scorsa con cui l’Inps ha messo fine alle visite di ‘rivedibilità’ fino a 18 anni per minori a cui è stata riconosciuta una diagnosi di autismo. In Italia sono circa 5mila le indennità per l’Dsa, un numero «sottostimato – secondo Piccioni – rispetto a chi ne avrebbe bisogno». Inoltre, l’altra grande questione si chiama aggiornamento delle tabelle sulle percentuali d’invalidità ferme dal 1992. Insomma qualcosa bolle in pentola, anche per «la convergenza virtuosa delle istituzioni», precisa Paola Binetti, che stanno cercando percorsi migliori «per i soggetti autistici e le loro famiglie» attraverso i Lea, «che introducono una trilogia d’interventi: psicoeducativo, psicoterapeutico e abilitativo-riabilitativo estensivo», e il ddl che «integra sempre più sanitario e socio-assistenziale». Ma bisogna arrivare a far in modo che «i genitori siano la fonte più autorevole» per capire cosa serve a un figlio autistico. A loro sinora si chiedono solo grandi sacrifici. Il costo per l’assistenza di un paziente Dsa a carico dello Stato e della famiglia, difatti, è vicino a 4 milioni di euro nell’arco di una vita, considerando cure, perdita in termini di Pil, mancato reddito dei genitori.

Mamma e papà comunque non debbono diventare medici, «ma offrire il punto di vista del bisogno», ricorda Rosi Pennino, presidente del comitato ‘L’autismo parla’, per cui la chiave di volta per avere una riabilitazione su misura si chiama «assistenza domiciliare, unita a una rete di controllo dei servizi sul territorio».

di Alessia Guerrieri

Fonte: Avvenire.it

10/03/2015