Pubblichiamo, di seguito, gli elaborati dei ragazzi della classe 3^ F della Scuola Secondaria di I Grado dell’Ist. Troiano Delfico di Montesilvano (PE). I ragazzi hanno voluto condividere con noi l’esperienza vissuta nell’ambito del progetto di sensibilizzazione sui diritti delle persone con disabilità realizzato dal nostro Ufficio nell’A.S. 2013/2014 attraverso delle relazioni davvero molto toccanti, che noi abbiamo deciso di pubblicare sul nostro sito (una ogni giorno), per condividerle con quanti ci seguono ormai da anni in questo percorso.
Un grazie particolare alla professoressa Annalisa La Vella per la straordinaria sensibilità.
“Tra i vari progetti organizzati dalla scuola nell’ambito educativo, ce n’è uno che mi ha interessato e coinvolto particolarmente, ovvero quello sulla disabilità. Questo progetto ha coinvolto tutte le classi terze della scuola media TROIANO DELFICO ed è stato messo in atto gratuitamente. La scuola e il comune, infatti, non avevano i soldi necessari per pagare i due relatori comunali, Alessia e Claudio; ma questi hanno deciso comunque di fare il progetto perché credevano veramente che l’argomento disabilità fosse un tasto dolente nella vita dei giovani. Il relatore Claudio Ferrante è un signore paralizzato agli arti inferiori, che ha deciso di aprire poco tempo fa, nel comune di Montesilvano, il primo “Ufficio Disabili”. Con l’introduzione della Carta dei Diritti Umani dell’ONU si arrivò alla conclusione che ogni essere vivente è uguale ad un altro e DEVE godere degli stessi diritti come tutti e NON ESSERE DISCRIMINATO solo perché ha disabilità. Con Alessia, poi, siamo riusciti a capire che una persona non è disabile per le sue menomazioni fisiche, bensì per le barriere architettoniche e sociali che le impediscono di vivere a pieno la vita. Su questo punto sono più che d’accordo: infatti, non si può giudicare una persona per le sue esteriori condizioni fisiche e classificarla in un gruppo di più individui che hanno le stesse problematiche, ad esempio ciechi, sordi, muti. Con il PowerPoint illustratoci durante le ore scolastiche, abbiamo avuto la possibilità di renderci conto di quanto sia sbagliato l’atteggiamento avuto fino a ora. Sempre nello stesso incontro abbiamo visto alcuni video che illustravano tutti i diritti umani dell’uomo; ci hanno fatto capire che cosa è la discriminazione. Un’immagine particolare che mi ha colpito è stata quella della signora in carrozzina che si è dovuta far aiutare per superare una rampa di scale, da passanti, mentre andava a lavoro; questo accadeva perché non c’era nessuna rampa o scivolo per farla salire autonomamente. In quel modo, anche se involontariamente, quella signora è stata ferita, perché è stata fatta sentire incapace e oserei dire stupida, dal momento che le hanno ricordato la sua malattia. Quella foto è oramai diventata famosa e ha fatto il giro del mondo, illustrando a tutti, come le barriere architettoniche possano condizionare le persone, facendole sentire diverse, manifestando in questo modo, una forma di discriminazione. All’incontro successivo era presente soltanto Claudio Ferrante. Ci ha fatto vedere altri filmati, sempre sui diritti dell’uomo e su quanto sia sbagliato discriminare. Ci ha posto anche una domanda interessante; ci ha chiesto quanto fossimo contenti da 1 a 10: quasi nessuno ha risposto il massimo punteggio. Invece, Claudio ci ha spiazzati con la sua risposta: ci ha detto che lui era felice 10. Nessuno riusciva a capire il motivo di questa sua risposta, così ci ha raccontato la sua storia, aprendosi e cercando di essere il più spensierato possibile, ma si vedeva che nel raccontarlo, provava ancora sensazioni molto forti. Ci ha raccontato che all’età di 13 anni e mezzo era un ragazzino normale; una notte andò a dormire e la mattina si risvegliò completamente paralizzato: ne fu sconvolto e demoralizzato. Si chiuse in se stesso, non parlava con nessuno e piangeva spesso. I medici giustificarono l’accaduto come un’infezione al midollo spinale: una malattia che colpisce solo un caso su un milione. Visse la sua giovinezza in ospedale, senza mai tornare a casa, sottoponendosi a numerosi interventi. Era in stanza insieme a ragazzi più grandi, tutti completamente paralizzati; loro non riuscivano a compiere nessuno dei più semplici gesti quotidiani. Per aiutarci a capire il perché fosse felice 10, ci mostrò quattro immagini, tutte strettamente personali: era, infatti, difficile capirne il nesso. Alla fine di spiegò e ci disse che ognuno dei ragazzi con cui era in stanza non riusciva, ad esempio, a scacciare una mosca dal viso, spegnere la luce, bere un bicchiere d’acqua. Questo lo fece riflettere; gli fece capire di essere fortunato, ma soprattutto felice per quello che aveva, e non pensare sempre a ciò che gli manca; poco dopo Claudio ci fece vedere un altro video di un signore: non aveva né le braccia né le gambe, ma nel video esprimeva molto chiaramente che ERA FELICE. Nonostante le sue condizioni fisiche e le prese in giro delle altre persone, lui era felice, perché si era reso conto che lo doveva essere già solo perché aveva la vita ed aveva dei diritti che la tutelavano. Una volta finito l’incontro, Claudio ci ha annunciato che il prossimo appuntamento ci sarebbe stato martedì 17. Tutti abbiamo aspettato quel giorno con ansia perché avremmo fatto un’esperienza nuova. Ci saremmo messi, infatti, nei panni di un disabile che ha problemi fisici e che è costretto a vivere su una sedia a rotelle. Appena arrivati in piazza Diaz, Claudio e altri volontari ci hanno fatto salire sulla carrozzina e ci hanno spiegato come dovevamo usarla. Ci illustrarono un tragitto breve, solo di 50m; ciò mi sembrò facile, e riuscii a superare meno di metà strada facilmente. I problemi, però, si manifestarono dopo pochi secondi. Ci fu subito un ostacolo che mi impedì di andare avanti, un ostacolo quasi insignificante per qualsiasi persona, ma in quel momento mi sembrava insormontabile. Era una “discesa”, con un piccolo gradino di quasi 3-4cm. Quando riuscii a superarlo ero più che felice: mi sentivo realizzata. Ma non appena avevo percorso mezzo metro, subito un altro ostacolo mi si propose. La stessa rampa doveva essere affrontata in salita. Quel piccolo rialzo mi fece sentire ancora una volta incapace di farcela e mi demoralizzai, perché vidi che di ostacoli ce ne erano ancora e di molto peggiori. Quando il percorso finì, mi resi conto che per percorrere solo 50 metri avevo impiegato, a parte più di mezz’ora, anche la maggior parte delle mie energie. Mi sembrò davvero un gesto da egoista costruire certe barriere architettoniche che impedivano lo svolgimento di una semplice passeggiata per una persona. Prima di questa esperienza, non riuscivo a capire quanto fosse difficile la vita di una persona che ha problemi fisici. Un’altra grande esperienza è stata quella di provare a fare una camminata con persone non vedenti, anche noi bendati. E’ stato molto istruttivo: anche questo non avevo mai provato a farlo e non avevo mai pensato a quanto fosse difficile, a quanti ostacoli ci fossero e a quante cose non si riescono a capire quando si pensa di sapere tutto e di essere migliori. L’esperienza di questo progetto ha sicuramente cambiato la mia vita. D’ora in poi, cambierò le mie abitudini e il mio modo di propormi nella società. Cercherò di essere più aperta e farò in modo che tutti capiscano quanto sia difficile essere in carrozzina o essere ciechi. Vorrei anche che qualcuno venisse a vedere in che condizioni sono le strade della città e che ci si rende una volta per tutte conto che è stato costruito un vero e proprio muro tra le persone fisicamente diverse e la restante società. Non so perché non si capisce che le persone con disabilità non sono strane con bisogni speciali, ma normalissime che cercano di vivere la vita, ma sono spesso fermate dalle barriere architettoniche che la società impone senza rendersene conto. Sono contenta che mi sia accorta in tempo di questa condizione e che in un futuro, spero non molto lontano, possa aiutare a migliorare le condizioni di questa società.”
CATERINA CONTE 3^F
21/01/2014