Ecco come distinguere i non vedenti "veri" da quelli "finti".
Ciechi "per legge". Cecità relativa o totale: non è mai stata fatta abbastanza chiarezza in merito, si parla di falsi ciechi, falsi invalidi ma mai nessuno si è preso la briga di interpellare bene gli addetti ai lavori, gli operatori medici che nel quotidiano seguono i minorati visivi. Ed è per questo che vorremmo cominciare a capire seriamente di cosa si parla traducendo in forma chiara e semplice cosa si nasconde dietro a tanta confusione. Con la Dott.ssa Daniela Domanico (Dirigente Medico Oculista I livello c/o il P.O. Centro di Terracina – Università "La Sapienza" di Roma Polo Pontino) proviamo a capirci di più.
"Tutti identifichiamo in modo automatico chi è un "cieco". Se invece volessimo sapere "quanto" debba vedere una persona per essere considerata cieca, allora la "risposta" va ricercata nella legge. La prima legge è la 155 del 1965 che recita: "Si intendono privi della vista coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a un decimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione". Come si può notare vi sono comprese anche persone che riescono a vedere qualcosa. Questa formula è ripetuta in varie leggi, da ultimo nell’art.1 comma 4 della legge n.68/1999 sul collocamento obbligatorio dei disabili. Il Ministero della Sanità con nota DPV.4/H-d1/466 in data 22 giugno 2001 precisava che tale definizione debba intendersi valida per qualsiasi legge che contenga disposizioni a favore dei non vedenti senza altre specificazioni. È con la legge 138 del 3 aprile 2001 che finalmente viene recepita la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che individua i ciechi e gli ipovedenti non solo sulla base del visus, cioè di quanto un soggetto vede ma anche di come e quanto vede davanti a sé attraverso l’ampiezza del campo visivo, cioè quella porzione di spazio che l’occhio è in grado di vedere".
Che cosa è il campo visivo? "Il campo visivo è quella porzione di mondo che un occhio immobile percepisce tenendo fisso lo sguardo su un punto; in assenza di alterazioni un campo visivo cosiddetto "normale" si estende oltre i 90° lateralmente, 60° nasalmente e superiormente e circa 70° inferiormente. Bisogna distinguere il campo visivo di un singolo occhio da quello binoculare, cioè quello che si percepisce con tutti e due gli occhi aperti. Questo perché, seppure in un malato dovesse rimanere un minimo residuo visivo, se il campo visivo presenta delle zone di buio completo nella visione centrale, la vita quotidiana è inficiata sotto ogni aspetto. Risulta strano come infatti ciechi cosiddetti "parziali" vadano in giro in luoghi da loro già conosciuti, quando il nostro immaginario collettivo contraddistingue il cieco che tentenna con un bastone bianco. Però immaginiamo come poter vivere per sempre, noi normali, osservando il mondo attraverso un solo buco grande come una punta di spillo o con una grossa macchia nera centrale che ci oscuro tutto nonostante si giri la testa in ogni direzione." Lasciamo ai medici dunque l’ardua sentenza, che con esami strumentali d’alto livello, riescono a rilevare la quantità del danno e alla legge la giusta applicazione delle regole per non additare ipovedenti "ladri" quando hanno la sola disgrazia di non poter mai osservare un arcobaleno tutto intero.
Fonte: il Tempo.it
03/02/2015