Figlia unica, padre e madre da assistere, aveva chiesto da anni il trasferimento dal tribunale di Monza a Salerno, come previsto dalla legge 104, ma gli è stato sempre rifiutato. No anche a part-time e aspettativa. "Mi hanno detto di farli ricoverare o di assumere due badanti"
ROMA – Ha dovuto scegliere tra assistenza ai genitori disabili e lavoro: e ha scelto di non venir meno al suo compito di "caregiver". Nell’ottobre 2013 ha rassegnato le dimissioni dal tribunale di Monza, dove prestava servizio da 12 anni come cancelliera: non le veniva concesso l’avvicinamento ai genitori, entrambi disabili, residenti a Ravello, in provincia di Salerno. E la propria sede di lavoro era decisamente troppo lontana perché potesse continuare comunque ad assisterli. "E’ stato un atto di pazzia, ma non ho avuto scelta. Dopo avermi negato ogni beneficio previsto dalla legge 104 del ’92, il capufficio mi ha detto di far ricoverare mia madre, per tenermi il lavoro. Mi sono sentita disperata, ma non me la sono sentita di abbandonare i miei genitori".
Gli "abusi" della 104. La storia di Nadia De Iuliis è, probabilmente, simile a quella di tanti altri caregiver, combattuti e contesi tra le regole del lavoro e le esigenze di un familiare che ha bisogno di loro. Ma la legge 104 prevede tanti strumenti per la conciliazione, tanti modi per rendere compatibili famiglia e professione, tante possibilità per non essere costretti a scegliere tra l’una e l’altra. Proprio questa legge, però, è forse una delle più abusate: abusate da chi prova a "fare il furbo", pretendendo benefici a cui non avrebbe diritto; ma abusata anche da datori di lavoro e capiufficio, che la usano come arma di ricatto. Come in questo caso: "il nostro contratto – ci racconta Nadia – prevede che sia il capoufficio ad avere l’ultima parola, in merito alla concessione dei benefici ex 104. E nel mio caso, il presidente del Tribunale di Monza si oppone al mio trasferimento. E respinge ogni mia richiesta". Nadia ha infatti chiesto l’aspettativa, retribuita e non: negata. Ha chiesto il part- time: negato. Ha chiesto l’avvicinamento alla casa dei genitori: negato anche quello. "Tutto mi è stato rifiutato – racconta – Non mi resta che chiedere la grazia al presidente della Repubblica, come hanno fatto giorni alcuni caregiver".
Dall’assunzione alle dimissioni. Nadia è stata assunta al Tribunale di Monza nel 2001, dopo aver vinto il concorso. "Nel 2008 – racconta – mia mamma ha iniziato a stare molto male, per via di una malattia autoimmune degenerativa, che colpisce le piastrine e la sottopone al rischio continuo di emorragia. Da Milano, ci siamo quindi dovuti trasferire a Ravello, dove il clima era più favorevole alle sue condizioni. Chiesi già allora il trasferimento, ma non mi fu concesso perché – mi dissero – non avevo ancora la 104. Decisi di dimettermi, già allora, per chiedere poi il reintegro successivamente, come previsto dal nostro contratto". Per ottenere la 104, ci vollero tre anni: "in prima istanza ci fu negata, mentre ci fu riconosciuta nel 2011, con sentenza, come spesso accade, e con validità retroattiva. Tornai a chiedere il trasferimento, ma di nuovo mi fu negato, per quanto previsto dalla stessa legge che mi era a quel punto riconosciuta. Il 25 giugno 2012 mi presentai al Tribunale di Monza, per riprendere servizio, dopo aver chiesto il reintegro. Ma il trasferimento continuava ad essermi negato perché – scriveva così il tribunale di Monza – mia madre, per la malattia che aveva, poteva essere accudita da chiunque. Secondo loro, avrei dovuto assumere due badanti, visto che nel frattempo anche mio padre si era ammalato. E con 1.300 euro al mese, come le avrei pagate? Feci causa, ma paradossalmente la presentai all’ufficio accanto al mio, perché così funziona al ministero di Grazia e giustizia. Ho provato a chiedere il part-time, ma mi fu negato; l’aspettativa, ma mi fu negata anche quella. Ero in un vicolo cieco, non sapevo come fare. Intanto, in Campania i tribunali sono vuoti e a Salerno ci sono posti vacanti: ma a me il trasferimento continua ad essere negato".
"Ho salutato e me ne sono andata". Così, Nadia si è trovata di fronte a un vero e proprio bivio. "Mia madre piangeva, si sentiva in colpa per la situazione in cui vivevo. E io iniziai ad avere crisi ipertensive. In tutto ciò, il mio dirigente mi suggerì di far ricoverare mia mamma, così avrei potuto continuare a lavorare. Ho salutato tutti e me ne sono andata. Il giorno dopo ho presentato la lettera di dimissioni. E da gennaio 2014 sono senza lavoro: non prendo neanche la disoccupazione, che per i dipendenti del ministero non è prevista. Mio padre ha 400 euro di pensione, mia madre 600. Le spese sanitarie sono alte, ma soprattutto è tanta la frustrazione e grande la rabbia per aver dovuto rinunciare a tutto quello che con fatica avevo costruito. Con una legge che stava dalla mia parte".
Fonte:Superabile.it
15/04/2015