Silus, offerta per Addetta al finissaggio (scad 4/3)

Silus, offerta per Addetta al finissaggio (scad 4/3)

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Si tratta di una causa apripista, frutto di oltre un anno di lavoro. Si chiedono tutele per chi “annulla la propria vita” per prendersi cura di un congiunto. Da quelle sanitarie a quelle contributive e previdenziali

 
ROMA – Mettere mano, senza più aspettare, alla normativa per il riconoscimento giuridico dei caregiver familiari, riconoscendone il lavoro usurante. Prevedere la contribuzione figurativa per chi non ha mai lavorato ma ha svolto il lavoro di cura 24 ore su 24 accanto a un familiare con grave disabilità. Garantire una copertura assicurativa per malattie e infortuni sul lavoro. Sono questi i punti cardine del ricorso collettivo nazionale che il Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi sta portando avanti insieme all’avvocato Marco Vorano che ne segue la procedura legale. Il ricorso collettivo sui family caregiver è "diffuso" in tre tribunali, a Roma, Milano e Palermo, le città dalle quali è arrivato il maggior numero di sottoscrittori, tutte persone singole, quasi 400. Tanti altri firmatari e richieste sono arrivate da altri luoghi, come Napoli e Torino, "ma prima di aprire altre cause vogliamo vedere come vanno queste in corso". Perché si tratta di "ricorsi difficili", come ci spiega l’avvocato Vorano, inoltre sono i primi ricorsi sul tema, sperimentali, con una normativa di riferimento quasi assente ma tutt’altro che debole: "Si fa riferimento al diritti sanciti dalla Costituzione, inoltre alla Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2008 che stabilisce che il lavoratore non può essere discriminato se ha un figlio disabile. Ma se lui non accudisce il figlio, chi lo accudisce? Andrebbe in case di cura? La famiglia è la spina dorsale. Non si chiede la luna, si chiede semplicemente il riconoscimento formale di ciò che già si fa. Il fatto che questo non ci sia è una situazione chiaramente ingiusta, cerchiamo strumenti per evolvere". Vorano mette in evidenza come "il ricorso è l’extrema ratio", doveroso perché "lo Stato non ha mai preso posizione su questa problematica macroscopica, della quale dovrebbe occuparsi il legislatore prima che i tribunali". Ci è voluto oltre un anno di duro lavoro per impostare il ricorso. A Roma è stato depositato e si attende che venga fissata la data dell’udienza. A Milano e Palermo tutti gli atti sono pronti e a giorni verranno depositati. Proprio nel capoluogo siciliano alcuni avrebbero subito pressioni, di cui hanno raccontato al Comitato, per non sottoscrivere il ricorso, con la minaccia che nel caso di vittoria avrebbero perso i diritti finora acquisiti.

"Abbiamo molte frecce al nostro arco e vinceremo – dice Simona Bellini del Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi -. Chiediamo però alla politica che non ci si arrivi così, ma che sia la politica a tutelare i diritti. I legislatori si rendano conto di questo vuoto normativo. Ma pare sempre più difficile in un Paese in cui c’è il paradosso che quando servono i soldi si vanno a prendere dalle fasce fragili. Anche la gente comune non si rende bene conto delle conseguenze: si stanno trascinando nella povertà persone che già erano a rischio. Chiediamoci: dopo, chi se ne fa carico? Non è sempre la collettività? La gente deve sapere". Bellini ricorda che la legge sul prepensionamento, approvata in prima fase all’unanimità, restò bloccata in Senato alla Commissione Bilancio per due anni, fino alla caduta della legislatura.

Il Comitato, grazie a una delle promotrici del ricorso collettivo, Chiara Bonanno, ha approfondito lo studio della legislazione europea di tutela del lavoro di cura familiare di alcuni Paesi Ue. Emerge che l’Italia è l’unica nazione in Europa che non ha riconosciuto ancora né alcuna tutela né alcun diritto al lavoro di cura svolto da un familiare nell’assistenza permanente, continuativa e globale di una persona con patologie e disabilità gravi o gravissime. "Francia, Spagna e Germania garantiscono tutele, sostegno fortissimo alle famiglie con disabili – afferma Simona Bellini -. Anche Grecia e Romania hanno legiferato sui caregiver. In Italia no. Parliamo di persone che annullano la propria vita e lo stato non gli riconosce nulla". Prosegue Bellini: "Non chiediamo lo stipendio, che sia un lavoro volontario sì, ma almeno che abbia le tutele fondamentali e la possibilità di andare in pensione prima, vista la natura usurante del lavoro. I caregiver familiari si ammalano a loro volta, ad esempio spesso soffrono di patologie osteoarticolari che sono riconosciute a chi fa un lavoro usurante 8 ore al giorno ma non a loro che lavorano 24 ore al giorno. Palombari, guidatori di autobus, maestre d’asilo hanno il riconoscimento di lavoro usurante, noi no".

Succede che spesso i familiari non fanno visite per non assentarsi da casa, e non si curano. "Avere la copertura assicurativa per malattie o infortuni, al pari di ogni altro lavoratore, consentirebbe di pagare una persona di sostituzione scongiurando il rischio di entrare in una Rsa a 500 euro al giorno".

Un aggiornamento sul ricorso collettivo è stato illustrato oggi, 1  febbraio, a Roma, in occasione della VII Giornata di Sostegno alle famiglie con disabili gravi e gravissimi, indetta dal Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi.

Fonte: Superabile.it

03/02/2014