Chi la usa vorrebbe un riconoscimento come minoranza linguistica. Altri temono meno risorse per screening e protesi.
Non è ancora chiaro che fine farà. La proposta di legge sul riconoscimento della lingua dei segni italiana (Lis, il sistema di comunicazione visivo e gestuale delle persone sorde) è ancora all’esame della Commissione Affari Sociali della Camera, dopo la partenza dell’iter parlamentare il 9 marzo del 2009. Le due riunioni delle Commissioni Cultura e Affari Sociali calendarizzate per mercoledì scorso sono state rinviate. E intanto, la vicenda è diventata motivo di profonda spaccatura nella comunità delle persone sorde in Italia. La contrapposizione ricalca in buona sostanza due metodi storicamente diversi di affrontare il problema della sordità. Da una parte ci sono i cosiddetti "segnisti" che appunto utilizzano la Lis per esprimersi e la considerano come lingua naturale e propria di chi è sordo. Dall’altra, gli "oralisti" per i quali è invece importante l’apprendimento della lingua parlata e con i progressi della medicina e della tecnologia puntano oggi sulla diagnosi precoce infantile della sordità, sugli impianti cocleari e le protesi acustiche e sulla logopedia per ottenere questo risultato. L’Ente nazionale sordi (Ens), che ha promosso l’iniziativa di legge, ha chiesto il riconoscimento della Lis alla stessa stregua della lingua di una vera e propria minoranza. Insomma la Lis dovrebbe diventare la lingua ufficiale di chi è sordo. Se così fosse, di conseguenza lo Stato dovrebbe prendere una serie di provvedimenti (con relativi costi) per consentire l’uso della Lis negli uffici e nelle amministrazioni pubbliche, l’insegnamento nelle scuole dell’obbligo e la creazione di corsi universitari dove apprenderla. «Le persone sorde desiderano vedere riconosciuto da un punta di vista istituzionale la lingua che utilizzano tutti i giorni — spiega Giuseppe Petrucci, presidente dell’Ens —, in base anche alla Convenzioni dell’Onu e della Ue. Nell’ottica dell’abbattimento delle barriere della comunicazione vogliamo che alle persone sorde sia consentito di scegliere il metodo di comunicazione che preferiscono, riconoscendo a tutti questi metodi pari dignità e pari opportunità di accesso al loro utilizzo». Il testo presentato al Senato seguiva questa impostazione.
Altre associazioni, come la Fiadda (Famiglie italiane associate per la difesa dei diritti degli audiolesi) e il Comitato nazionale genitori dei familiari disabili uditivi, hanno però indotto ad una modifica del testo nel passaggio alla Camera. «Secondo noi le persone che nascono o diventano sorde anche in tenera età, cioè i sordi profondi, non si riconoscono in una minoranza o in un’altra lingua — dice Antonio Cotura, presidente di Fiadda —. Si considerano cittadini italiani a tutti gli effetti e la loro lingua è quella italiana. Per questo ci siamo opposti all’idea di riconoscere la Lis come lingua di minoranza delle persone sorde in base all’articolo 6 della Costituzione come prevedeva il testo approvato al Senato». In effetti, la Commissione Affari Sociali della Camera ha licenziato una bozza di testo molto diversa. Il titolo è stato cambiato da "Riconoscimento della lingua italiana dei segni" a "Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". È stato eliminato il riferimento all’articolo 6 della Costituzione sulle minoranze linguistiche. Sono stati elencate come azioni prioritarie la promozione dell’acquisizione della lingua verbale e scritta, la necessità di utilizzare le diagnosi precoci (oltre che la riabilitazione) e la diffusione delle innovazioni tecnologiche in funzione degli impianti acustici. La lingua dei segni viene invece riconosciuta, ma non promossa. Il rimaneggiamento potrebbe soddisfare la Fiadda, mentre trova contrario l’Ente nazionale sordi che dice di preferire il ritiro o la bocciatura della proposta di legge con questo testo. Le associazioni raggruppate attorno al Comitato nazionale genitori dei familiari disabili uditivi (supportati anche dalla Società italiana di otorinolaringoiatria e dalla Società italiana di audiologia e foniatria) dal canto loro vogliono la bocciatura, anche con il testo modificato, ma per motivi diametralmente opposti: sostengono che la normativa resti fortemente discriminatoria nei confronti delle persone sorde rispetto al resto della società e temono comunque il drenaggio di risorse, secondo loro meglio utilizzabili nei programmi di screening neonatale della sordità e nella terapia basata su impianti cocleari e protesi acustiche. «Riteniamo questo testo inutile e dannoso — sostiene Laura Brogelli del Comitato —. Il riconoscimento della Lis comporterebbe una notevole serie di spese rivolte non al superamento dell’handicap della sordità, ma alla tutela di una minoranza linguistica».
di Ruggiero Corcella
Fonte: Corriere.it
15/02/2012