Il gioco è da sempre riconosciuto come lo strumento di libera espressione per eccellenza ed è per questo che il rispetto della diversità del bambino autistico deve partire proprio dall’abbandono di ogni pretesa di adeguamento al gioco tipico in favore di una valorizzazione degli interessi personali che non sono nemici della socializzazione ma indispensabili intermediari nella relazione con l’altro.
Come ho già avuto modo di sottolineare in altri post, è di fondamentale importanza che il bambino autistico venga riconosciuto e rispettato nella sua neurodiversità. Qualsiasi rapporto umano, a maggior ragione se mira ad essere terapeutico, che non tenga conto della specificità dell’individuo che ha davanti e pretenda da parte dell’interlocutore un adeguamento unilaterale ai propri canali espressivi, è per me gesto di violenza e, passatemi il termine, di razzismo.
Uno studio pubblicato di recente sul North American Journal Of Medicine And Science ha evidenziato che bambini con un disturbo dello spettro autistico (DSA) prediligono giochi che stimolano i sensi e generano movimento.
In occasione di un evento tenutosi all’interno del museo per bambini Explore and More nello stato di New York, si è potuto osservare come i bambini autistici, lasciati liberi di scegliere i giochi con cui intrattenersi, si sono indirizzati verso esperienze in grado di offrire un consistente feedback sensoriale, in cui fosse evidente un principio di causa-effetto e che presentassero movimenti ripetuti.
L’attività che ha riscosso più successo è stata la Climbing Stairs, una piccola scala su cui arrampicarsi per poi lanciare una palla e osservarla cadere. Molto apprezzati anche i mulini azionabili dai bambini e il tavolo colmo di riso in cui tuffare le mani.
Questi tre giochi hanno in comune la tipologia di gratificazione che deriva dal loro utilizzo: il piacere di muoversi, di osservare gli oggetti in movimento, di partecipare a eventi chiaramente connotati da un principio di causa-effetto, di verificare la ripetitività degli avvenimenti. Altra caratteristica comune alle attività predilette è il coinvolgimento del sistema vestibolare, deputato a mantenerci in equilibrio, e della propriocezione, attinente anch’essa alla percezione della posizione del nostro corpo nello spazio e in grado di informarci circa lo stato di tensione dei nostri muscoli.
Le stereotipie motorie, manifestate da molti autistici, sembrerebbero aver lo scopo di soddisfare proprio questo desiderio di continua stimolazione sensoriale. Offrire dunque al bambino un oggetto che lo soddisfi nella stessa misura, potrebbe contribuire ad attenuare i movimenti non finalizzati, come per esempio lo sfarfallio delle mani.
Comprendere cosa piace ai bambini autistici è utile anche in ambito terapeutico poichè solo con tale informazione si possono offrire rinforzi positivi che vengano realmente percepiti tali e solo attraverso la condivisione di un’attività davvero gratificante per tutti si può ambire ad incrementare le capacità di stare in relazione di questi bambini.
Anche i genitori dovrebbero dar spazio alle passioni dei figli, mettendo da parte, almeno per quanto riguarda l’ambito ludico, il pericoloso desiderio di omologarli ai coetanei tipici così da poter promuovere in loro l’autonomia e il senso di efficacia personale.
Ricordo infine quanto sancito dall’articolo 31 della Convenzione Internazionale Sui Diritti Dell’Infanzia: “ Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.”
Lasciamo però anche agli autistici il diritto di scegliere il gioco più appropriato per loro.
Fonte: Stateofmind.it
21/10/2013