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Negli anni Quaranta Hans Asperger scoprì le caratteristiche della sindrome che la psichiatra Lorna Wing rese celebre nel 1981. Ma solo di recente le persone autistiche ad "alto funzionamento" sono venute allo scoperto. Soprattutto grazie al web

ROMA – Guarire dall’autismo? No, grazie! C’è un orgoglio che corre sulla rete e che solo in pochi conoscono. Il desiderio di sconfiggere l’angoscia di essere diversi dai propri simili rivendicando un altro modo di vivere, comprendere, sentire. Dopo le minoranze etniche, religiose, gay, l’elogio della (propria) differenza parte dagli Aspie: persone con quella sindrome di Asperger di cui solo da qualche lustro si comincia a sentire parlare. Un orgoglio che viene raccontato, in tante sfaccettature, dalle storie raccolte nell’inchiesta di Antonella Patete, pubblicata sul numero 6/2013 di SuperAbile Magazine, la rivista sulla disabilità edita dall’Inail.

Il termine fu usato per la prima volta dalla psichiatra inglese Lorna Wing nel 1981 per rendere omaggio al pediatra austriaco Hans Asperger, che negli anni Quaranta aveva studiato un gruppo di bambini accomunati da una serie di caratteristiche mai descritte prima di allora. Peculiarità che affascinarono il timido e schivo dottor Asperger e che continuano a colpire ancora oggi scrittori, registi, attori: sedotti da questa particolare forma di autismo ad alto funzionamento che racchiude al suo interno tante difficoltà e altrettante potenzialità. Perché se gli Aspie hanno problemi a comprendere le regole sociali e le emozioni di chi li circonda, sono generalmente persone educate e gentili. E se è vero che hanno interessi estremamente settoriali e rituali e routine difficilmente modificabili, le loro capacità cognitive non sono affatto compromesse. Anzi: la diversa organizzazione del pensiero e la determinazione con cui possono concentrarsi a lungo su un interesse fanno sì che riescano a cogliere nessi tra le cose e soluzioni che altri non vedono. E che non di rado eccellano nelle scienze, nelle arti e nei mestieri.

D’altra parte la zoologa americana Temple Grandin, icona del mondo Aspie e testimonial famosa in tutto il mondo, lo dice chiaramente. "Se per una qualche magia l’autismo fosse stato estirpato dalla faccia della Terra, gli uomini starebbero ancora a socializzare davanti a un falò all’entrata di una caverna. Perché chi credete abbia fatto le prime lance di pietra? Il tipo con l’Asperger!". E l’orgoglio di Temple trova mille conferme sul web: "La sindrome di Asperger non è una malattia, ma un modo di essere. Penso diverso dunque sono!", si legge a caratteri cubitali su Mondoaspie.com, sito realizzato dalla madre di un ragazzo di 13 anni. E sul forum dell’associazione Spazio Asperger, Pavely descrive l’Aspie prendendo in prestito una metafora dal suo blog preferito: "È chi vive tra le nuvole della propria immaginazione e dei propri sogni, chi non obbedisce alle regole della società, della letteratura e dell’arte ". Sempre sullo stesso forum, Someday scrive: "Non so voi, ma io quando faccio un test Aspie ho paura di risultare neurotipico. Sono molto onesto nelle risposte, ma vedere che ci sono persone più Aspie di me mi fa sentire… anormale. E da qui capisco che un Aspie vuole essere Aspie come un gatto vuole essere gatto e un cane essere cane. Sono felice di essere Aspie perché sono nato Aspie, sono di questa specie e non vorrei mai al mondo essere di un’altra specie".

E infatti non sempre (o quasi mai) i cosiddetti neurotipici vengono identificati come modelli di riferimento. Diventando in alcuni casi oggetto di ironia, come nella definizione della "sindrome neurotipica", pubblicata da Mondoaspie.com. Dove la cosiddetta "normalità" viene classificata come un disturbo neurobiologico caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per le relazioni sociali, un delirio di superiorità e un’ossessione al conformismo. I neurotipici, dal canto loro, vengono descritti come individui socialmente rigidi, che non tollerano le differenze, non sanno restare da soli e sono maggiormente inclini alle menzogne rispetto alle persone autistiche.

Il web inoltre pullula di liste delle celebrità sospettate di Asperger risalenti a tutte le epoche storiche: Michelangelo Buonarroti, Isaac Newton, Wolfgang Amadeus Mozart, Albert Einstein, Steven Spielberg, Bill Gates, solo per fare qualche esempio. Si tratta quasi sempre di casi presunti, d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, visto che la sindrome esiste ufficialmente solo dalla fine del secolo scorso. Ma la cosa importante è che si tratta di personalità di grande valore artistico o scientifico, le cui esistenze sembrano veicolare un unico messaggio: nascere con l’Asperger può provocare sofferenze personali, ma rappresenta un grande dono per l’umanità. Erika Becerra, presidente dell’associazione Asperger Pride, cita Jim Sinclair, attivista statunitense e fondatore nel 1992 di Autism network international, che non ha proferito parola fino all’età di dodici anni: "Ritrovo un grande significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso". Un concetto che la stessa Erika ha deciso di tradurre in forma ludica ideando t-shirt dalle scritte ironiche, come "Non sono matto. Non sono strano o maleducato. Ho la sindrome di Asperger" oppure semplicemente "Vengo in pace". (Antonella Patete)

Fonte: Superabile.it

19/08/2013