Verso la porta, con la palla tra i piedi. Il calcio per capire i ragazzi disabili

Verso la porta, con la palla tra i piedi. Il calcio per capire i ragazzi disabili

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Non solo l’impegno dello studio e il timore degli esami, ma anche le difficoltà di poter seguire una lezione, di partecipare alla vita sociale universitaria, di accedere ad una biblioteca. Leonardo sostiene gli esami in videoconferenza, Elisa tutti i giorni affronta un viaggio assurdo in treno. Ma c’è anche chi ha trovato strutture efficienti

ROMA – Dall’odissea di Elisa Bortolazzi la ragazza di vent’anni, che tutte le mattine per raggiungere l’università di Bologna, da San Felice sul Panaro, zona terremotata nella provincia modenese, affronta una viaggio che sfiora l’assurdo (vera sorpresa per Elisa, che tutto si aspettava, quando nel 2012 si è iscritta al primo anno di Giurisprudenza, tranne che non poter raggiungere le sue tanto amate aule universitarie), a quella di Leonardo Portoraro anche lui studente di Giurisprudenza a Bologna, affetto da distrofia muscolare di tipo Becker, calabrese, classe 1984, che per evitare viaggi lunghi e faticosi sostiene gli esami in videoconferenza, attraverso la piattaforma Adobe Connect, dal comune di Francavilla Marittima, in provincia di Cosenza. Sono ancora molte le testimonianze di ragazzi che ogni giorno devono affrontare piccoli o grandi difficoltà per accedere ad un diritto, quello dell’istruzione e crearsi una posizione, sognare una possibile carriera.

Giacomo Spartano, 32 anni e una laurea in Scienze della Comunicazione a Roma. Di difficoltà come studente ne ha incontrate poche. "Ho frequentato la Lumsa (libera università Maria Santissima Assunta) – racconta – una facoltà privata che tra i suoi servizi garantisce il trasporto gratuito a tutti gli studenti disabili attraverso un pulmino, questo ovviamente ha molto agevolato i miei spostamenti nel periodo dello studio, pertanto non ho avuto particolari problemi. Le aule universitarie erano quasi tutte accessibili, tranne una sola volta, in cui a causa delle barriere architettoniche, dovetti sostenere un esame lontano dal resto del gruppo". Giacomo ha in serbo di lavorare ed affermarsi professionalmente nel campo della comunicazione radiotelevisiva, vuole vivere e realizzarsi a Roma, città che ama profondamente, "nonostante tutte le difficoltà che ci possono essere, soprattutto in termini di assistenza e mobilità".

Diversa è la storia di studio di Maria Pina Bellusci, laureata nel 2007 a Macerata in Scienze della Comunicazione, con indirizzo comunicazione di massa. Non è stato per niente facile per lei arrivare alla fine: "Sono stati sei anni duri ma belli – spiega – duri perché quando ho iniziato, il mio ateneo non era per niente pronto ad accogliere studenti con disabilità grave, bisognosi di assistenza. Belli, perché ho vissuto l’esperienza universitaria molto intensamente, dallo studio alle amicizie che ancora oggi mantengo saldamente". "Nell’aula dove c’erano più corsi – prosegue – non esisteva un bagno accessibile, per fortuna lo hanno sistemato in due giorni al mio arrivo, alcune stanze avevano piccoli gradini e a volte capitava che l’ascensore era rotto e quindi si saltava, solo al mio ultimo anno di frequenza la facoltà ha deciso di rifare l’ascensore nuovo un po’ più grande. Per raggiungere l’università dall’alloggio in cui risiedevo è stata un’impresa difficile perché bisognava sempre organizzare il trasporto in auto o addirittura con l’ambulanza, che mi ha accompagnata anche nel giorno della laurea!". Ma le barriere più dure, sono e rimangono, quelle culturali e burocratiche: "Per avere l’assistenza occorrevano innumerevoli lettere, al rettore, al vicerettore, all’Ersu (ente regionale diritto allo studio), inoltre pur frequentando i corsi con più di duecento ragazzi, non era semplice fare amicizia, molti vedevano la carrozzina, come una cosa da star lontani, questo l’ho vissuto bene, penso sia proprio la cultura italiana ad essere ancora così". Pina ha superato tutti gli esami ed è riuscita a laurearsi a dispetto di chi pensava che "non ce l’avrebbe mai fatta". La sua visione rispetto al futuro? È semplicemente come quella di ogni altro giovane laureato: "Trovare un lavoro".

Fonte: Superabile.it

26/02/2014