Parla Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all’Università di Bologna. "Evitare di stigmatizzare la disabilità e darne un’immagine distorta e discriminante, rappresentandola cioè come punizione per aver violato le regole e come fonte esclusiva di sofferenza e dipendenza dagli altri"
BOLOGNA – "L’idea di convincere le persone ad adottare stili di vita corretti mentre guidano l’auto (non mandare messaggi al cellulare, fermarsi allo stop, non bere eccetera), facendo leva sulla minaccia della disabilità in caso di incidenti, torna spesso nelle campagne sulla sicurezza stradale – commenta Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all’università di Bologna e presidente del Co.re.com Emilia-Romagna -. Ricordo ad esempio il servizio ‘Mettici la testa’, prodotto da Rai Educational e Autostrade per l’Italia nel 2008, che usò la testimonianza di Jacqueline Saburido, una ragazza del Texas che fu travolta da un’auto guidata da un ubriaco: il filmato mostrava insistentemente il prima e dopo dell’incidente e Jacqueline svolgeva il ruolo di ‘chi non vorremmo mai diventare’. Ricordo la campagna 2009 della Regione Valle d’Aosta "Se bevi e guidi muori. O forse no", in cui si vede un uomo sulla sedia a rotelle mentre porta fiori al cimitero. Ricordo infine ‘Pensa a guidare’ lanciata dalla Fondazione Ania nel 2011, che elenca con freddezza gli svantaggi di una vita da disabile (senza un braccio, senza l’uso delle gambe e così via), e conclude: ‘Rispetta le regole della strada. Eviterai regole più dure a te e agli altri". Un tema, quello delle pubblicità che chiamano in causa la disabilità, sul quale Cosenza era già più volte intervenuta. E dove sembra mancare – da sempre, verrebbe da dire – un codice di comportamento. Una prassi per evitare interventi inopportuni e, spesso, dannosi.
"L’intenzione di prevenire incidenti stradali è sempre apprezzabile – continua Cosenza – ma credo si debba evitare di farlo stigmatizzando la disabilità e dandone un’immagine distorta e discriminante, rappresentandola cioè come ‘punizione’ per aver violato le regole e come fonte esclusiva di sofferenza e dipendenza dagli altri. Chi si occupa di disabilità, infatti, sa bene che molti disagi nascono più dalla mancanza di servizi adeguati e dalla non accettazione da parte degli altri che dalla stessa disabilità. Si possono fare campagne sulla sicurezza stradale senza stigmatizzare la disabilità? Credo proprio di sì: basterebbe pensarci e, soprattutto, confrontarsi con chi di disabilità si occupa tutti i giorni".
Fonte: Superabile.it
06/08/2013