Anna Adamo ha gli occhi verdi e un sorriso che contagia. Ventidue anni a marzo, vive a Scafati, nel Salernitano. Disabile, dalla nascita. Parto gemellare e complicazioni, la tragica morte del maschietto, lei sopravvive. Ma, con la diagnosi di tetraparesi spastica, sarà una vita in salita.
Che ha deciso di raccontare in un libro, “La disabilità non è un limite”, edito da Europa Edizioni. Guardandosi dentro e guardando fuori, perché – racconta – “non è facile convivere con una disabilità. Non lo è per nulla, sia per la persona che ne è portatrice, sia per coloro che vi sono intorno. Non lo è quando ci si guarda allo specchio, lo stesso specchio che non fa altro che mettere in risalto le gambe storte, i piedi troppo piccoli, mal definiti e tanto incapaci di eseguire un passo degno di questo nome, di indossare ciò che per una donna è sinonimo di femminilità indiscussa, ovvero un bel paio di scarpe con il tacco. Non è facile convivere con una disabilità quando si passeggia per strada, perché bisogna fare i conti con gli sguardi dei passanti carichi di pietà, di paura di avvicinarsi a quella disabilità, quasi come fosse una bestia feroce capace di divorare tutta d’un fiato chiunque le si avvicini”.
L’ha percorsa, quella strada in salita. Comprendendo, cammin facendo, “che la disabilità non rappresenta un limite, perché i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda”. E allora ha deciso di raccontarsi.
“L’ho fatto – spiega – perché voglio farlo capire a tutti. A quanti ancora pensano che la disabilità sia un ostacolo per realizzarsi. A coloro che hanno paura del diverso. Mi sono messa a nudo. Ho riannodato i fili della memoria raccontando la storia di una bambina cresciuta troppo in fretta. Una bambina oggi donna, che s’è presa un futuro che pareva irraggiungibile. Con grinta, da sola, con l’appoggio di papà Alfonso e mamma Imma”.
Anna cita Kahil Gibran: “Le anime più forti, sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più forti sono cosparsi di cicatrici”. E tira fuori l’orgoglio: “Non è un caso che Dio conferisca le battaglie più difficili ai suoi soldati più forti. Io, che forte non sono nata, lo sono dovuta diventare per cause di forza maggiore”.
Vorrebbe che tutti i disabili si scrollassero di dosso le paure e le ansie, “andando oltre l’aspetto fisico, perché spesso volere è potere”.
Oggi Anna è iscritta alla facoltà di giurisprudenza all’università di Salerno: “Studio per essere indipendente – racconta – e per ottenere giustizia, per fare dei miei limiti un grande punto di forza. Sì, è desiderio di giustizia il mio: quella stessa giustizia negata ai miei genitori dalla morte di mio fratello e dall’elaborazione della mia disabilità. Non sarà facile diventare avvocato. Non sarà facile, perché la mia aspirazione diventa ogni giorno troppo alta: voglio fare il magistrato. E in fondo non so dove mi condurrà il futuro, non so se farò l’avvocato o il magistrato. Ma sono certa del fatto che, qualunque piega prenda la mia vita, io non avrò rimpianti”. E che la disabilità non è un limite.
Fonte:Repubblica.it
22/01/2018