Irene Gironi Carnevale, mamma e caregiver, in un testo pubblicato su Noidonne racconta la realtà di queste “mitiche creature metà essere umani e metà multifunzione: infermiere, facchino, autista, psicologo…”. E commenta la proposta di legge, “risibile e offensiva”.
ROMA. “Mitiche creature metà essere umano (quel che resta) e metà multi funzione: infermiere, facchino, autista, psicologo, accompagnatore, casalinga (lava, stira, fai la spesa, cucina, pulisci), intrattenitore, disbrigatore di pratiche (Inps, bancarie, postali, municipali, Asl) che vive una vita che non è la sua perché si occupa di un familiare disabile”: così Irene Gironi Carnevale descrive chi, come lei, è genitore e caregiver a tempo pieno di un figlio con grave disabilità. Lo fa in un articolo pubblicato, ieri, su Noidonne, storico settimanale (adesso online) dedicato alle attività, le conquiste, i pensieri e i movimenti delle donne.
Alla luce della sua propria esperienza e di quella di tanti genitori con cui è in contatto, Gironi Carnevale commenta quella proposta di legge di cui si attende l’approvazione, “una proposta risibile e offensiva per tutti quelli che ricoprono questo ruolo, ruolo che non si sono scelti, ma che sono costretti a svolgere perché non c’è alternativa. Appare evidente come nella formulazione di questa legge nessuno abbia veramente capito chi è e cosa fa un caregiver, qual è la mole di lavori usuranti che grava sulle sue spalle con grande rischio di salute fisica e mentale per chi non può permettersi di ammalarsi né di curarsi come gli altri. Come sempre, si fanno leggi dando per scontato, per sentito dire, non si cerca un confronto con i diretti interessati, magari si ascolta qualche associazione di ‘massa’, senza rendersi conto che il meraviglioso mondo delle disabilità ha mille facce e sfaccettature, milioni di situazioni che non possono essere ridotte in poche righe dove si intui sce molto fumo e zero arrosto”.
Se questa proposta non va bene, però, quale sarebbe una norma giusta per i caregiver familiari? Quali tutele dovrebbe garantire, quali bisogni soddisfare? Sono le domande a cui cerca di rispondere Gironi Carnevale, con “la lista della spesa del caregiver”, in cui raccoglie “alcune richieste che noi caregiver riteniamo importanti. Non saranno risolutive, ma possono essere un inizio, un modo per dimostrare che le cose si possono e si devono cambiare in meglio perché Tutti abbiamo diritto a una qualità della vita dignitosa”.
Primo, le informazioni.
La prima richiesta riguarda “le informazioni per chi improvvisamente si trova ad affrontare il problema di un disabile in famiglia e si dispera perché non sa dove chiedere e cosa chiedere. È necessario attivare, magari nei Municipi, uno sportello dedicato, non l’Urp dove di disabilità non si sa nulla, ma proprio uno sportello ad hoc, con qualcuno che sia in grado di fornire tutte le informazioni necessarie per facilitare richieste di assistenza, visite mediche, pratiche Inps, tutto quello che riguarda le persone disabili, con la possibilità di farlo da casa, per telefono o telematicamente perché molto spesso la persona che si assiste non può essere lasciata sola. Lo sportello ‘dalla A alla Z’, che permetta di informarsi e di attivare pratiche di ogni tipo in sinergia con Inps, Asl e Municipio. Nei paesi civili esiste”, assicura Carnevale.
Secondo, il lavoro per i caregiver.
“La maggior parte di noi caregiver è donna e quasi tutte abbiamo dovuto lasciare il lavoro per occuparci dei nostri figli e congiunti disabili”. E proprio “pensando al lavoro perduto, sarebbe il caso di aiutare le caregiver donne, soprattutto, a trovare un impiego, magari qualcosa da poter svolgere a casa, il famoso telelavoro che in Italia non è mai decollato, ma che nei Paesi civili va alla grande anche per categorie di lavoratori standard. L’istituzione di una ‘banca lavoro’, dove le aziende mandano le loro richieste, magari a fronte di qualche vantaggio fiscale per chi assume, e da dove le caregiver possano attingere attraverso un coordinamento gestito da istituzioni e dirette interessate o loro rappresentanti. Questa sarebbe una soluzione non solo per l’aspetto economico, ma anche per dare a chi da molto tempo non si sente altro che un’appendice del proprio congiunto, la possibilità di svolgere un ruolo attivo e diverso dall’assistenza multiforme e alienante che la imprigi ona”. Allo stesso scopo, “sarebbe un ulteriore passo avanti far entrare i caregiver nelle ‘categorie protette’ e inserire l’attività di caregiver tra i lavori fortemente usuranti, perché è universalmente noto che la nostra salute è fragilissima ed esposta a rischi molto maggiori rispetto a tutti gli altri”. Sempre in tema di lavoro, Carnevale chiede di “riconoscere gli anni di impegno come caregiver ai fini della pensione, in ragione di anni ‘veri e completi’, non con una ridicola elemosina di tre anni di contributi (tre!!!) inseriti nella proposta di legge in corso di approvazione”.
Terzo, il lavoro per chi ha una disabilità.
Non è solo il caregiver, però, a dover vedere garantito il proprio diritto al lavoro. “Vorrei anche suggerire, a proposito dei nostri figli, una legge sull’imprenditoria per disabili, perché molti di loro sono perfettamente in grado di svolgere compiti, anche complessi, se messi nelle adeguate condizioni. Così come esiste l’imprenditoria giovanile e quella femminile, attivare una legge per l’imprenditoria dei disabili. L’Italia è piena di iniziative meritorie, dai numerosi progetti di agricoltura sociale, a quelli di laboratori di cucina, pasticceria, sartoria, modelli, tutto però messo in atto solo da privati, con soldi nostri e faticosissime ricerche di fondi, sedi, permessi troppo spesso negati o procrastinati, addirittura negati da una burocrazia ottusa e dannosa”.
Sono queste le tre proposte essenziali, i tre diritti fondamentali che una legge per il caregiver familiare dovrebbe assicurare. Per Gironi Carnvale, “il minimo sindacale per poter dire che si vuole fare qualcosa e per farlo, la condizione obbligata è far riferimento a noi, alle famiglie che portano questo peso immane perché soltanto noi possiamo parlare con cognizione di causa dei problemi che ogni giorno dobbiamo affrontare. È inutile parlare di ‘dopo di noi’ se il ‘durante di noi’ non esiste: senza il durante non ci può essere dopo e una Nazione civile ha il dovere di rendere dignitosa la vita di chi vive una diversa condizione e di chi li assiste. Vogliamo fatti concreti – conclude Carnevale – perché le chiacchiere stanno a zero e noi siamo stanchi, vediamo passare la nostra vita come sabbia che ci scorre tra le dita inesorabilmente, mentre il tempo passa più velocemente di quanto sembri, lasciando dietro di se solo vuoto e silenzio”.
Fonte: Redattore Sociale.it
04/01/2020