L’allarme dello psicologo Colli, componente delle consulte di Pavia e Vigevano: «Una società inclusiva non lascia indietro nessuno».
«La disabilità è un problema di tutti». Parte da qui lo sfogo dello psicologo Paolo Colli, membro delle Consulte comunali disabilità e barriere architettoniche di Vigevano e Pavia e consigliere del centro orientamento disabili “Il Fileremo” di Vigevano. «La chiusura delle scuole e dei centri diurni, come il Fileremo – spiega Colli – mette le famiglie in difficoltà, per non parlare dei lavoratori dei centri e di quelli che si occupano di assistenza nelle scuole. Alla mancanza del servizio non corrisponde un’adeguata flessibilità del welfare regionale. La scuola ha varato le lezioni via computer, ma l’assenza del docente, dei compagni di classe oltre che dell’insegnante di sostegno pesa maggiormente sugli studenti con disabilità cognitiva perché, per loro, la scuola è la più importante opportunità di emancipazione dal proprio contesto familiare e il luogo dove si sperimenta l’importanza dell’inclusione. Finito questo periodo, corriamo il rischio che la didattica a distanza diventi un pretesto per lasciare a casa gli studenti con disabilità». La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità stabilisce che quella del disabile è il prodotto di una relazione che si instaura tra la persona in una specifica condizione e l’ambiente fisico e culturale che la circonda. «In questo momento siamo tutti un po’ disabili: non possiamo uscire, non possiamo lavorare e nemmeno andare in vacanza – prosegue Colli. – Per questo dico che con il termine “disabilità” non si può intendere solo un piccolo gruppo di persone, ma tutti. Una scuola e una società inclusiva sono la base di una umanità più giusta che non lascia indietro nessuno. Ci rendiamo conto di quanto la questione della disabilità sia relegata a questioni di welfare, di prestazioni sociali, di aiuti economici». Anche l’età oggi sembra essere diventata una “disabilità”. «Il Coronavirus – conclude Colli – ha portato alla ribalta anche il problema della cura e discriminazione nei confronti degli anziani. Agghiaccianti le posizioni francesi che parlano di “morti inevitabili” o quella inglese che ha invitato i cittadini di prepararsi a vedere “molti dei loro cari morire prima che sia giunta la loro ora”. Agghiacciante anche la posizione americana dove, con declinazioni diverse da parte dei vari Stati, si afferma che le persone con grave ritardo mentale, demenza avanzata o gravi lesioni cerebrali sono improbabili candidati per il supporto del ventilatore polmonare. Per questo insisto nel dire che il tema e il problema della disabilità, anche in tempi di Coronavirus, non è riducibile a una sola questione privata come la menomazione o la malattia, né ad una pura questione medica che riduce il disabile a mero “oggetto di cura”. È l’interrelazione con l’ambiente sociale che impedisce a tutti di godere a pieno dei diritti».
Fonte: laprovinciapavese
18/04/2020