Il 22 aprile 2020 Maria Novella De Luca firmava su Repubblica un pezzo di denuncia della grave situazione di abbandono in cui si trovano 260.000 studenti con disabilità, non previsti né inseriti in alcun piano di scuola a distanza ai tempi della pandemia da Covid19.
Ci si aspettava che nella task force di specialisti per la cosiddetta fase2, il cui lavoro rimane a tutti noi oscuro, ci fosse almeno una voce che si occupasse di questo tema. Invece, nel discorso tenuto la sera del 26 aprile dal premier Conte, non vi è proprio alcuna traccia della scuola, che spunta solo perché sollecitata dalla domanda di un giornalista e ottiene in risposta la paternalistica rassicurazione che “nonostante sia molto complicato faremo di tutto per riaprire le scuole a settembre”, figuriamoci se vi è traccia della questione disabilità.
Quei 260.000 studenti e le loro famiglie dovranno arrangiarsi, patire l’isolamento il doppio degli agli altri e regredire rispetto alle difficili conquiste che chi parte svantaggiato lotta per ottenere. Molti di questi ragazzi non riescono a interagire con le lezioni a distanza, per molti altri sono inadeguate e insufficienti.
Si potrebbe parlare di violazione del diritto all’istruzione, garantito dalla Costituzione italiana, si potrebbe parlare di violazione dei diritti dei disabili tout-court, ma poiché facilmente l’obiezione sarebbe che in questo momento di emergenza il diritto alla salute deve essere privilegiato, allora tanto vale chiarirci subito su questo punto. In seguito a una lesione spinale non cammino più, dal 2002 mi sposto su una sedia a rotelle, ho una paraplegia e rientro quindi nella categoria della disabilità, che è variegata quanto le stelle in cielo e non certo riducibile ai soli problemi motori. Se parlo di questi, è solo perché li conosco meglio.
La paraplegia, e in maniera più seria la tetraplegia che coinvolge anche gli arti superiori (e le funzioni respiratorie), comporta tutta una serie di disfunzioni croniche che richiedono attenzione e cure quotidiane, in breve, si configura come una patologia cronica. Nessun medico, nessun presidio sanitario, nessuna voce istituzionale ha diramato informazioni su come le persone affette da disabilità motoria possono essere più o meno vulnerabili alla pandemia. Così come nessuno si è preoccupato di rafforzare gli aiuti sanitari – a me per esempio non è nemmeno stata recapitata la famosa mascherina d’ordinanza che il Comune doveva distribuire – né c’è stato qualcuno del governo che abbia parlato dei moltissimi disabili ricoverati in istituti, perché privi di assistenza familiare e non autosufficienti. Che in quegli stessi istituti si muoia di più a seguito del contagio da coronavirus, perché i protocolli sanitari non vengono applicati o vengono applicati male, anche questo è fatto messo a tacere. Non mi pare quindi che la salute dei disabili sia stata preposta al loro diritto all’istruzione, e a una vita decorosa che preveda affetti relazioni stimoli di cui, in molti casi hanno bisogno anche più degli altri, è stata ignorata come tutto il resto.
Fonte: doppiozero.it
29/04/2020