L’immediato futuro che attende le persone cieche e ipovedenti – scrive Flavia Tozzi – è irto di ostacoli che appaiono spesso insormontabili e che rischiano di minarne l’autonomia e la dignità sociale. Infatti, le giuste restrizioni imposte dal Decreto che regolamenta la “fase 2” per la ripresa delle attività commerciali e lavorative ha inserito norme che rischiano di rendere quasi impossibile il ritorno ad un’esistenza quotidiana pressoché normale per chi ha problemi visivi»
Siamo finalmente nella cosiddetta “fase 2”, che dovrebbe essere il primo passo verso l’uscita dal tunnel in cui ci ha gettati il Covid-19, e ci stiamo accorgendo ora più che mai delle tragiche conseguenze che questo virus sta portando in ogni settore della nostra società, colpita dal punto di vista fisico, psicologico ed economico.
Tra tutte le categorie che più hanno risentito di questa triste situazione, quella delle persone con disabilità è sicuramente la più penalizzata, anche se si deve riconoscere ed essere grati per la grande attenzione e sensibilità manifestata nei nostri confronti a livello locale dalle nostre Istituzioni e dal grande numero di volontari che si sono resi disponibili ad alleviare le nostre difficoltà quotidiane. Però l’immediato futuro che attende in particolare le persone cieche e ipovedenti, purtroppo, è irto di ostacoli che appaiono spesso insormontabili e che rischiano di minarne l’autonomia e la dignità sociale.
Le giuste restrizioni imposte dal Decreto che regolamenta la “fase 2” per la ripresa delle attività commerciali e lavorative ha infatti inserito norme che rischiano di rendere quasi impossibile il ritorno ad un’esistenza quotidiana pressoché normale per chi ha problemi visivi.
Ciò che preoccupa immensamente quei ciechi e ipovedenti abituati ad uscire autonomamente per sbrigare le proprie commissioni o a servirsi dei mezzi pubblici per recarsi al lavoro è l’inevitabile difficoltà di mantenere quei comportamenti corretti previsti dal Decreto del Presidente del Consiglio del 26 aprile, per evitare il diffondersi del contagio.
Per coloro che per uscire di casa devono utilizzare il bastone bianco o il cane guida è pressoché impossibile riuscire a mantenere il previsto distanziamento sociale di un metro dagli altri, benché uno ponga la massima attenzione per sentire ciò che gli accade intorno.
Spesso, poi, le persone che camminano per strada hanno troppi pensieri in testa per accorgersi che chi passa loro accanto o viene loro incontro è una persona con disabilità visiva e si aspettano che sia lui magari a mantenere la corretta distanza. Questo sicuramente potrebbe dare origine a spiacevoli equivoci.
Per chi invece conserva un piccolo residuo visivo e già prima della pandemia faticava a riconoscere la fisionomia e i gesti delle persone che incontrava sul suo cammino, indossare la mascherina può diventare un’ulteriore barriera, ostacolando una corretta comunicazione con gli altri.
Così pure il cane guida, abituato in mezzo alla gente e naturalmente portato a socializzare con umani e propri simili, non può comprendere il motivo per cui, improvvisamente, tutto ciò non sia più da ritenersi un comportamento positivo, ma, al contrario, dannoso.
E ancora, pensiamo alle code per entrare nei negozi, che per un cieco sono davvero difficili da rispettare, in quanto è quasi impossibile per lui capire dove iniziano, dove finiscono e anche dove si formano! Per non parlare delle difficoltà che incontrerà per usufruire dei mezzi di trasporto, a partire dall’individuazione della segnaletica sui marciapiedi alle fermate, solo visiva, sulla quale posizionarsi, e, una volta a bordo del mezzo, capire quali sono i posti occupabili e quali no, sempre contrassegnati solo da segnali visivi.
Come viene richiesto, tra le altre cose, in un documento inviato alle Istituzioni della propria Regione dal Consiglio Regionale Lombardo dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), «nei trasporti urbani in superficie, le persone cieche o gravemente ipovedenti saranno impossibilitate a gestire autonomamente il distanziamento sociale nella sosta d’attesa o nella scelta del posto a sedere, come pure nella salita posteriore se l’ingresso anteriore viene bloccato. Inoltre, in virtù dell’utilizzo da parte della persona con disabilità del bastone bianco (e del cane guida) che ne facilitano l’identificazione, si propone che l’area della palina venga presa a riferimento come punto di sosta riservato alla fermata, riservando l’apertura della porta anteriore per una salita esclusiva e un contatto uditivo con il conducente, il quale dovrà indicare a voce l’identificativo della linea del mezzo e il posto a sedere, esclusivamente sui primi sedili frontali».
Il documento riporta anche indicazioni che riguardano le ferrovie, i trasporti in metropolitana e altro ancora. Esso verrà trasmesso a tutti i Comuni e alle compagnie di trasporto della nostra Provincia [Cremona, N.d.R.], e a proposito di questo, in qualità di presidente dell’UICI di Cremona, rivolgo un invito a tutti coloro che si imbattono in una persona con palesi difficoltà visive a darle una mano, ricordando che avvicinarsi a una persona con disabilità per aiutarlo è consentito e che, indossando i dispositivi di protezione, un minuto di vicinanza non può essere così pericoloso!
Vorrei anche ricordare che per molti ciechi assoluti, il dover indossare i guanti è oltremodo penalizzante, perché il tatto è uno dei sensi maggiormente utilizzati dalle persone con disabilità visiva e i guanti possono rendere alquanto complicate certe semplici operazioni, quali ad esempio maneggiare banconote o digitare su una tastiera, o anche solo premere pulsanti , come quelli di un citofono o di un ascensore.
Io ho sempre viaggiato da sola, a volte ricorrendo al prezioso aiuto del Servizio Assistenza Disabili delle Ferrovie dello Stato, ma anche questo adesso pare diventerà un incubo per chi non vede, perché mi è stato segnalato da più parti che qualunque disabile, per salire a bordo di un treno, dovrà essere trasportato su una carrozzina, probabilmente per ridurre al minimo il contatto fisico tra l’operatore e la persona da accompagnare.
Questo per noi, che rivendichiamo orgogliosamente una raggiunta autonomia e indipendenza, può risultare piuttosto umiliante e creare non poche difficoltà, ad esempio a chi si fa accompagnare da un cane guida, perché, come mi è stato riferito, è previsto che cane e cieco dovranno essere divisi, per essere caricati separatamente sul treno.
Mi rammarica dovere esprimere qui un grave dissenso con questo tipo di comportamento da parte delle Ferrovie, perché da anni mi servo di cani guida per muovermi in autonomia e il pensiero che qualcuno mi separi dal mio fedele accompagnatore, sapendo soprattutto che è qualcun altro ad occuparsene, mi getta un po’ nel panico!
Tutto questo può davvero pregiudicare la ripresa della nostra vita sociale, a partire dal ritorno al lavoro da parte di molti di noi, che vorrebbero solo ricominciare a vivere un’esistenza il più possibile indipendente e dignitosa come prima del coronavirus.
Concludo inoltre manifestando perplessità e dubbi per quanto riguarda l’insegnamento a distanza, per il quale vengono a volte utilizzate piattaforme poco gestibili da parte di chi ha problemi di vista.
In questo periodo di isolamento, durante il quale gli alunni con disabilità non potevano contare sull’insegnante di sostegno o sugli educatori, mi chiedo se la scuola che tanto si vanta di essere oggi inclusiva non si sia trasformata in una forma di esclusione per tanti ragazzi non vedenti e ipovedenti, privati del loro diritto allo studio.
Anche questo, purtroppo, è un triste lascito del coronavirus, che però occorrerebbe far di tutto per superare: basterebbe ricordare che l’accessibilità sul web è sancita dalla legge ed è un diritto sacrosanto di tutti!
Fonte: Superando.it
09/05/2020