Fu lui a scoprire la causa della sindrome di Down

Fu lui a scoprire la causa della sindrome di Down

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FRANCIA. «Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui». Questa frase del grande chimico e biologo francese Louis Pasteur (1822-1895) – che diede un contributo determinante allo sviluppo della tecnica della vaccinazione, giusto per ricordare uno dei suoi meriti che suona particolarmente attuale – era tra le frasi preferite di Jérôme Jean Louis Marie Lejeune, anche lui francese, anche lui protagonista della scienza medica e grande credente. Il Papa, che riconoscendone le sue virtù eroiche lo ha elevato al titolo di venerabile, ha confermato quanto un numero imprecisato di persone ha testimoniato nel corsi di decenni sulla caratura umana e spirituale di questa figura. Lejeune, nato il 13 giugno 1926 a Montrouge, vicino a Parigi, in una famiglia profondamente cattolica, dopo gli studi di medicina aveva spo- sato una giovane danese protestante, Birthe Bringsted, che durante il fidanzamento si convertì alla fede cattolica. Dal loro matrimonio nacquero cinque figli. La Congregazione delle cause dei santi ricorda così la sua dirompente ascesa come ricercatore e le prove morali che ne seguirono: «Nel 1952 il servo di Dio cominciò ad impegnarsi nelle ricerche sulla “sindrome di Down”, chiamata allora anche mongoloidismo. Affiancato da due colleghi scoprì che nei bambini affetti dalla sindrome è presente un cromosoma in più nella coppia 21, per cui si iniziò a indicare questa sindrome con il termine “Trisomia 21”. Dopo questa prima scoperta Lejeune identificò altre patologie cromosomiche e acquistò un ruolo sempre più importante nella citogenetica mondiale. La sua ricerca pionieristica portò anche allo sviluppo di test prenatali usati per individuare la sindrome di Down nei feti, molti dei quali, per motivi eugenetici, vengono abortiti volontariamente. Lejeune denunciò questo abuso della scienza come “razzismo cromosomico” e divenne uno dei pochi scienziati di spicco in Francia a protestare contro questa tendenza e contro le leggi che la favorivano. Nel 1969, quando ricevette il premio Allen Memorial a San Francisco, pronunciò un discorso dove invitò ufficialmente i suoi colleghi a scegliere la vita e a rifiutare l’eugenetica. A partire da quell’intervento venne fortemente ostracizzato dalla comunità scientifica internazionale. Negli anni ’80 gli furono tagliati i fondi per la ricerca e i suoi collaboratori licenziati».

Questo trattamento non frenò lo zelo di Lejeune che continuò a lavorare e a viaggiare per testimoniare la dignità inviolabile della vita umana. Paolo VI lo nominò nel 1974 membro della Pontificia Accademia delle scienze e Giovanni Paolo II nel 1994 primo presidente della Pontificia Accademia per la vita. Due Papi santi che riconobbero molto lucidamente il valore di uno scienziato ora anch’egli incamminato verso gli altari.

Lejeune era uomo di preghiera, di partecipazione assidua alla Messa, devoto particolarmente di san Vincenzo de’ Paoli e san Tommaso Moro. Morì il 3 aprile 1994 dopo un cancro fulminante. Scrive sempre il dicastero delle cause dei santi: «Era ben consapevole della necessità di portare la croce per seguire il Signore, e questo non lo spaventava, anzi gli dava la forza per affrontare con ottimismo e determinazione le difficoltà e le avversità. L’esercizio eroico della virtù della speranza rifulse soprattutto di fronte alla malattia e alla morte, quando era ancora in piena attività. Accettò tutto questo con esemplare serenità interiore, preparandosi al meglio al passaggio alla vita eterna, edificando soprattutto i propri familiari, per il modo eccellente in cui egli si era rimesso nelle mani del Signore e della Santa Vergine».

Fonte: Avvenire.it

23/01/2021