Abruzzo, così la ragazza con disabilità riporterà in classe i suoi compagni

Abruzzo, così la ragazza con disabilità riporterà in classe i suoi compagni

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Dopo alcuni giorni trascorsi in classe, da sola con gli insegnanti, la prossima settimana G. sarà a scuola con un gruppo di compagni, come prevede il Dpcm e come chiarisce la nota ministeriale. Merito di una mamma che “non si accontenta” e di un dirigente che conosce le norme e sa applicarle. “Sull’inclusione si rischia un grave passo indietro. Dobbiamo lottare perché diventi un passo avanti”

ROMA – Lunedì G. sarà di nuovo in classe con i suoi compagni: non tutti, anzi pochissimi, ma non sarà più sola con gli insegnanti, collegata ai suoi compagni tramite la Lim. Grazie alla tenacia della mamma e alla capacità del preside del suo liceo, sarà messa in pratica quella nota che il Miur ha diffuso il 5 novembre ma che a tanti sembra troppo difficile da applicare: prevede che gli studenti con disabilità, anche in presenza della didattica a distanza al 100%, possano comunque essere presenti a scuola, in condizioni di “effettiva inclusione”, ovvero con un gruppo di compagni e con gli insegnanti curricolari non solo quelli di sostegno.

Le medie e la Dad, un’esperienza da dimenticare

A raccontarsi una lunga e faticosa storia a lieto fine è sua mamma, che da quando G. è nata, 15 anni fa, non ha mai smesso di battersi per i suoi diritti. E la didattica a distanza, frutto dell’emergenza sanitaria, è in questo momento un campo di battaglia particolarmente impegnativo. “Tra marzo e giugno abbiamo toccato con mano quanto fosse deleteria la didattica a distanza per mia figlia: il computer è come un muro per lei, che ha la sindrome di Down e un ritardo cognitivo molto grave. Era in terza media: in prima e seconda era stata completamente abbandonata dai docenti. Quelli di sostegno non c’erano e i curricolari non mostravano per lei alcun interesse. In terza media, finalmente, dopo un ricorso l’insegnante era arrivato e stavano iniziando a lavorare, ma con la chiusura delle scuole si è di nuovo fermata, completamente. Veniva l’assistente educativo a casa, per aiutarla a collegarsi con i suoi compagni, ma non si può certo dire che partecipasse alle lezioni”.

Un “assaggio” d’inclusione vera

Archiviato così un anno complicato e un ciclo deludente, a settembre si apriva un nuovo capitolo: le scuole superiori. “Avevamo deciso di iscriverla al Liceo Linguistico Saffo, per diverse ragioni: primo, di restare alle medie non se ne parlava, era troppo grande rispetto a quelli che sarebbero stati i suoi compagni e la scuola non è un parcheggio – ci racconta C. – Poi lei è interessata alle lingue, le piace ascoltarle. Inoltre, quella scuola ha una buona fama ed era stata scelta da una sua amica”.

A settembre, tutto prometteva bene: “Prima dell’apertura, il preside ha mostrato grande disponibilità e conoscenza, convocando una riunione con tutti gli insegnanti curricolari e di sostegno: ero presente anch’io, per presentare mia figlia e le sue problematiche. Qualche docente ha provato a esprimere le sue perplessità sulla scelta che avevo fatto, ma il preside ha detto chiaramente che quella scelta era da rispettare e che la ragazza sarebbe stata a tutti gli effetti elemento della classe. Mi ha stupito molto, non è facile incontrare dirigenti così: sono tornata a casa dicendomi che sarebbe stato finalmente un anno positivo”.

In effetti, anche l’avvio è stato promettente: “Fin da subito mia figlia ha avuto una copertura totale, con due insegnanti di sostegno e l’assistente educativo, oltre al computer, la stampante e il materiale in Caa. Si stava inserendo bene, la mattina le amiche l’aspettavano sotto per salire insieme a lei in classe. Mi sono detta: ‘Forse quest’anno potrò fare la mamma’. Ma poi è tornato il Covid”.

Il ritorno della didattica a distanza, tra Dpcm e ordinanze

Il Dpcm del 24 ottobre ha disposto il ritorno della didattica a distanza, almeno per il 75%, in tutte le scuole superiori, prevedendo però subito la possibilità di frequenza in presenza per gli studenti con disabilità. “Ho chiamato subito il preside, per chiedere che a mia figlia fosse garantita la presenza in condizioni di effettiva inclusione, come prevista dal decreto, ovvero con un gruppo di compagni. Mi ha detto che si sarebbe organizzato subito e che intanto G. naturalmente poteva andare a scuola: per alcuni giorni, è andata sola, con gli insegnanti di sostegno e curricolari. Poi però, prima che si riuscisse a organizzare il rientro dei compagni, è arrivata l’ordinanza della Regione, che ha esteso la didattica al 100%, mantenendo il diritto alla presenza per gli studenti con disabilità. Con quell’ordinanza, diventava difficile per il preside far rientrare i ragazzi. Ci siamo arenati per una settimana, mentre mia figlia continuava ad andare in classe con gli insegnanti, collegata con i suoi compagni tramite la Lim”. Un incubo? “No, niente affatto: lei era serena, voleva andare, sebbene la sveglia suoni alle 6.30. Gli insegnanti, sia curricolari che di sostegno, erano accanto a lei e sapevano coinvolgerla. E per me, farla lavorare da casa, sarebbe stato impossibile, lo abbiamo già sperimentato. Certo, si guardava intorno e si rendeva conto di essere da sola in un’aula vuota”.

Verso una nuova inclusione? Si può e si deve

Pochi giorni dopo, però, è arrivato il nuovo Dpcm e, poco dopo, la circolare del Miur, che chiariva in modo inequivocabile come dovesse realizzarsi l’effettiva inclusione prevista dal decreto: tramite piccoli gruppi di compagni di classe. Ho chiamato subito il preside e mi ha detto: ‘Già so’. E si è messo al lavoro. Il giorno successivo ha inviato una mail a tutte le famiglie della classe, citando la circolare e chiedendo la disponibilità a far rientrare i ragazzi a scola, insieme a G., eventualmente secondo un’organizzazione a turni. Le adesioni purtroppo sono state poche, pochissime, ha prevalso la paura, soprattutto per chi vive distante dalla scuola: lunedì in classe ci saranno solo tre o quattro compagni, ma almeno G. non sarà sola e io sono felicissima per lei”.

Felice ma amareggiata: così si sente C., dopo quest’ennesima battaglia: “Quello che mi fa arrabbiare è la rassegnazione dei genitori, che si accontentano di ciò che viene concesso e rinunciano a far valere diritti chiaramente previsti dalle normative. Nella nostra scuola, per esempio, mia figlia è l’unica che sta andando a scuola: gli altri studenti con disabilità stanno a casa, alcuni non sono neanche rientrati a settembre: io capisco la paura e comprendo tutte le scelte, ma dobbiamo stare molto attenti a non fare passi indietro”.

Il rischio, infatti, secondo C., è che sull’inclusione si perda, in questo momento, una partita che invece dovrebbe essere vinta: “Se accettiamo adesso che i nostri figli stiano in classe da soli con gli insegnanti di sostegno, stiamo dicendo sì alle classi differenziali, è evidente: e domani, quando tutto questo sarà finito, come tutti ci auguriamo, non potremo lamentarci se l’insegnante di sostegno porta nostro figlio fuori dalla classe, in corridoio o nell’auletta. Ne avremo la responsabilità, perché oggi gli stiamo permettendo di fare proprio questo, sebbene abbiamo delle normative a cui appellarci. Normative che ci permetterebbero addirittura di compiere un passo avanti verso una nuova inclusione, con i nostri figli che riportano in classe i loro compagni, offrendo così loro un’opportunità. Si sta giocando una partita importante – conclude C.- per la quale dobbiamo batterci fino allo sfinimento. Altrimenti, rischiamo di dare punti all’avversario, facendogli fare goal a porta vuota”.

Fonte: Redattore Sociale.it

14/11/2020