IVREA. È un tema che sta facendo discutere in questi giorni e riguarda il tempo scuola e il passaggio automatico all’anno successivo. Per quanto riguarda gli alunni disabili, ci sono pareri divergenti anche nelle scuole del territorio. La questione nasce dal fatto che l’ordinanza firmata dalla ministra all’Istruzione Lucia Azzolina, pochi giorni fa, prevede che quest’anno tutti gli alunni delle classi intermedie debbano essere ammessi alla classe successiva a meno che non abbiano frequentato in modo molto irregolare fino al momento della chiusura delle scuole. Questa disposizione, però, non è del tutto condivisa dalle famiglie degli alunni disabili, soprattutto quelli più gravi, che chiedono che ai loro figli venga concesso più tempo scuola. Le preoccupazioni maggiori sono quelle dei genitori degli alunni dell’ultimo anno della primaria che sono comprensibilmente preoccupati del “salto” al primo anno della scuola secondaria di primo grado. Per la verità anche il Consiglio superiore della pubblica istruzione, organo che deve fornire al ministero pareri in materia normativa, aveva chiesto di tenere in debito conto le richieste delle famiglie. Silvia Portigliatti, presidente dello storico Comitato torinese per l’integrazione scolastica, spiega: «A noi sembra che una proposta del genere trasmetta una idea distorta di cosa si debba intendere per inclusione. Il progetto di inclusione, infatti, non consiste semplicemente nel garantire agli alunni disabili più tempo-scuola pur che sia». «L’inclusione – aggiunge – è anche relazione e socialità. Trattenere l’alunno disabile nella stessa classe non garantirebbe il mantenimento delle relazioni sociali con i pari e con i docenti del team». «Secondo me – dichiara Luisa Pierro, anche lei del Comitato torinese e docente di sostegno nell’istituto comprensivo di Pavone Canavese – la proposta è sbagliata anche perché può far pensare che l’inclusione sia legata principalmente alla presenza dell’insegnante di sostegno e non, come è e come dovrebbe essere, ad un progetto organico che coinvolge l’intera comunità scolastica». «Le aspettative delle famiglie – conclude Portigliatti – sono certamente legittime e comprensibili ma ad esse si deve dare risposta attivando tutti i servizi educativi e territoriali che possono apportare un contributo alla realizzazione di un più ampio progetto di vita delle persone disabili». Per parte sua il Ministero spiega con queste parole la decisione non accogliere la proposta: «Si creerebbe una situazione discriminatoria nei confronti degli alunni con disabilità e si inserirebbe una forma di consultazione esterna, non congrua rispetto all’attività di valutazione». In altre parole: la valutazione degli alunni, anche di quelli disabili, è una competenza esclusiva dei docenti che non devono essere in alcun modo condizionati dalle famiglie o da altri soggetti esterni.
di Reginaldo Palermo
Fonte: La Sentinella del Canavese
26/05/2020