I risultati dell’indagine “Cambiamenti globali negli atteggiamenti verso la demenza” rivelano come lo stigma che circonda la demenza stia peggiorando, anche tra gli operatori sanitari. 8 persone su 10 ritengono erroneamente che la demenza sia una normale conseguenza dell’invecchiamento
La demenza sconta ancora un prezzo altissimo rispetto allo stigma che la circonda, e quel che è peggio, è che le errate convinzioni non permeano solo l’opinione pubblica, ma anche gli operatori sanitari. Le conseguenze, che investono anche i caregiver dei malati, sono isolamento, una chiusura in sé stessi, il rifiuto di occasioni sociali e della ricerca di un impiego, tra le altre cose.
Lo conferma il Rapporto Mondiale Alzheimer 2024,redatto da ADI – Alzheimer’s Disease International e diffuso in Italua dalla Federazione Alzheimer Italiain occasione della XXXI Giornata Mondiale Alzheimer.
40.000 INTERVISTATI
Nel report “Cambiamenti globali negli atteggiamenti verso la demenza”, vengono riportati i risultati della più vasta indagine mai condotta al mondo sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza e i cambiamenti avvenuti rispetto alla prima ricerca di questo tipo, risalente al 2019.
Gli intervistati sono stati 40.000 – tra persone con demenza, caregiver, personale sanitario e assistenza e pubblico in generale – provenienti da 166 Paesi e i dati sono stati analizzati dalla London School of Economics and Political Science (LSE).
DEMENZA COME MALATTIA E NON CONSEGUENZA DELL’INVECCHIAMENTO
Un dato su tutti: l’errata convinzione, per l’80% della popolazione mondiale, che la demenza sia una normale conseguenza dell’invecchiamento. Tra gli operatori sanitari questa percentuale è ben del 65%. Si tratta di una errata idea in crescita, peraltro: a crederlo nel 2019 era il 66% della popolazione, e il 62% dei sanitari.
CONSEGUENZE DELLO STIGMA SUI MALATI
Se lo stigma ha a ache fare con la percezione (errata) della malattia in chi ne è esterno, ha però conseguenze tangibili su chine è direttamente colpito. Il report, al proposito, riporta questi dati:
– l’88% dichiara di aver sperimentato lo stigma in prima persona (+5% rispetto al 2019;
– il 31% evita le situazioni sociali
– il 36% ha smesso di cercare lavoro per paura di essere discriminato.
Anche sui caregiver le ripercussioni di questo atteggiamento si fanno sentire: il 47% dei caregiver di persone con demenza non accetta più gli inviti di amici e familiari e il 43% non invita più ospiti a casa.
IL RISCHIO DELLE OPINIONI SCORRETTE
“In Italia sono 1.480.000 le persone con demenza, destinate a diventare 2.300.000 entro il 2050” – afferma Katia Pinto, presidente della Federazione Alzheimer – “Siamo quindi estremamente preoccupati di fronte a questi dati. Lo stigma porta con sé isolamento sociale, che è un comprovato fattore di rischio per la demenza e può contribuire a peggiorarne i sintomi e la salute mentale in generale, non solo della persona che ne è colpita, ma anche dei suoi familiari”.
Ma anche le opinioni scorrette sulla demenza tra gli operatori sanitari hanno un potenziale di rischio considerevole. Secondo Paola Barbarino, amministratrice delegata di ADI “possono ritardare la diagnosi e l’accesso al trattamento, all’assistenza e al supporto adeguati. È necessario che tutte le persone appartenenti a questa categoria professionale siano pienamente consapevoli e convinti del fatto che la demenza è una condizione medica causata da un insieme di cause, tra le quali l’Alzheimer è la più diffusa. Solo così potranno offrire alle persone con demenza una vera presa in carico, che consenta loro di mantenere la miglior qualità di vita possibile il più a lungo possibil”e.
I DATI POSITIVI
Dal Rapporto Mondiale emergono comunque anche dei dati positivi. La maggior parte degli intervistati si sente più sicura nello sfidare lo stigma e la discriminazione rispetto al 2019, soprattutto nei Paesi ad alto reddito (64%). Sempre più persone sono consapevoli degli effetti del proprio stile di vita sul rischio di sviluppare la patologia, con oltre il 58% del pubblico in generale che ritiene che la demenza sia causata da abitudini non sane. Più del 96% del pubblico crede nell’importanza di una diagnosi medica.
È aumentata infine la consapevolezza a livello politico-sociale: l’80% dei comuni cittadini ritiene di poter cambiare il sostegno fornito alle persone con demenza attraverso il proprio voto, e oltre il 93% ritiene che ci siano cose che si possono fare per migliorare la vita delle persone con demenza.
È giusto sottolineare anche questi aspetti incoraggianti – prosegue Pinto – Noi lo ribadiamo da sempre: la vita di una persona non finisce con la diagnosi di demenza, ed è confortante sapere che questa affermazione è sempre più condivisa. La Federazione Alzheimer ha avviato il progetto Dementia Friendly Italia per combattere lo stigma e costruire una società in cui le persone con demenza e le loro famiglie possano sentirsi sempre accolte e comprese. Continueremo su questa strada, ma serve l’impegno di tutti: governi, istituzioni, professionisti sanitari, semplici cittadini. Solo così potremo abbattere il muro di vergogna ed errate conoscenze che ancora troppo spesso impedisce alle persone con demenza di ricevere un’assistenza adeguata e completa e di vivere una vita piena e dignitosa.
Fonte: disabili.com
24/09/2024