Autismo, una fascetta blu per uscire di casa? A tanti non piace

Autismo, una fascetta blu per uscire di casa? A tanti non piace

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La proposta sta facendo il giro della rete: prevede che le persone con autismo o disabilità intellettive indossino un nastro azzurro per essere riconoscibili: l’obiettivo è che, sulla base di quanto ormai previsto in molti comuni, sia rispettato il loro “diritto alla passeggiata”.

ROMA. Non si sa da dove sia partita, ma è certo che sta viaggiando in fretta, percorrendo la rete in lungo e in largo: è la proposta di far indossare un nastro azzurro alle persone con autismo o disabilità intellettive durante quelle “brevi passeggiate” che ormai molti comuni e alcune regioni hanno riconosciuto loro come deroga all’obbligo di “restare a casa”. Un segno di riconoscimento, insomma, per quelle persone con disabilità “invisibili” che, in quanto tale, potrebbero essere additate, insultate o perfino segnalate da chi li scambiasse per irresponsabili trasgressori delle norme.
La proposta piace ad alcuni – una minoranza, pare – che la considerano un aiuto e uno strumento per risparmiarsi “tante spiegazioni” ed evitare inconvenienti. Tante, molte di più, le critiche di quelli che, nella migliore delle ipotesi ne mettono in dubbio l’efficacia, mentre i più critici ne discutono perfino la legittimità, paragonandola perfino alla Stella di Davide.
Dal “padre fortunato” alle associazioni dei caregiver, un fermo “no”
Ma iniziamo dal principio: in diversi comuni, alle persone con gravi disabilità intellettive, disturbo dello spettro autistico e patologie psichiatriche è stato dato riconosciuto il diritto di uscire per brevi passeggiate. “Tutto molto bello – commenta Francesco Cannadoro, papà caregiver di Tommi e autore del blog “Diario di un padre fortunato – Ora, il problema che mi sono posto è: come faranno queste persone che hanno una necessità sanitaria a farsi un giretto senza sentirsi gridare dai balconi ‘andate a casa deficienti’? La soluzione, opinabile, mi arriva da una segnalazione che mi avete fatto. Pare infatti che stia girando un post (anche sotto forma di catena in servizi di messaggistica istantanea) in cui si invita a non inveire dalle finestre verso quelle persone che esporranno un fiocco, un nastro o quel che hanno, blu. Il motivo? Quello sarà il segno distintivo che quella è una persona con gravi disabilità intellettive, disturbo dello spettro autistico e patologie psic hiatriche ad elevata necessità di supporto”. Per Cannadoro, si tratterebbe di una “etichetta, che oltre a contribuire a distinguerci per bene gli uni dagli altri (cioè, ancora una volta, a dividerci) avrebbe l’effetto di sottolineare quanto le categorie più deboli debbano per forza subire un marchio per non essere sopraffatte dai più forti. ‘Loro lasciateli stare poverini’. A questo punto non era meglio una maglietta con scritto “speciale” davanti e ‘104’ dietro? Si vede meglio del nastro, no?”. Per Cannadoro, la conclusione è drastica: “Nessuno deve essere costretto a cucirsi la stella di Davide sui vestiti. Mai più”.
Prende le distanze anche Dario Ianes, docente ed esperto di pedagoia e inclusione: “Non è una buona idea quella del nastro blu per segnalare la condizione di disturbo dello spettro autistico in chi deve uscire di casa! Dobbiamo avere fiducia e rispetto: altrimenti faremo un nastro rosso per chi deve andare in farmacia, uno bianco per chi deve andare a fare la spesa, uno bianco con croce rossa per chi deve andare a lavorare in ospedale e uno nero per chi va da solo al cimitero”.
Critiche anche le associazioni di caregiver del Lazio, Oltre lo sguardo, Community Sorelle di Cuore, Hermes Onlus, Nuove Frontiere onlus. Da un lato, riferiscono i genitori caregiver che il problema, di fatto, esiste: “Denunciamo atteggiamenti offensivi e minacciosi, insulti e interventi fuori luogo da parte di chi non capisce la problematica dei nostri figli legata alle loro condizioni di salute, con conseguenze traumatiche per loro che si vedono ancora una volta esposti a situazioni di disagio e di emarginazione. Accade a Lucca – raccontano – dove una madre è stata fatta oggetto di insulti e all’indirizzo suo e del figlio autistico è stata usata una sirena da stadio che ha ingenerato una violenta crisi di panico nel ragazzo. Accade in tutte le città e se noi non rispondiamo è per non esporre maggiormente i nostri figli ad una situazione di ansia che innescherebbe altri e gravi comportamenti problema, ingenerando ansia e frustrazione”. Rispetto alla soluzione del nastro blu, per ò, la stroncatura è netta: “Respingiamo e condanniamo una pratica simile che esporrebbe i nostri figli ad una ulteriore discriminazione. Sono anni che ci battiamo per una integrazione delle persone diversamente abili in questa società e francamente pensare di assegnare loro un simbolo di riconoscimento ci sembra non solo fuori luogo, ma riporta alla mente altre e più gravi forme di identificazione”.

Perché no?
Nel coro di critiche e vere e proprie stroncature, non manca chi, seppur timidamente, si dica favorevole alla proposta. “Io ho un bimbo con una disabilità non visibile e in moltissime situazioni mi sono dovuta trovare a dare spiegazioni per poter avere accesso a ciò che spetta, tutto questo sempre davanti al bambino – scrive una mamma – Credo che un segno distintivo, discreto, non sia uno stigma né una stella di David, ma un aiuto per comprendere una situazione ed evitarci spiegazioni faticose. Io poi non ho alcun problema rispetto al fatto che il mondo sappia che il mio bimbo è disabile, mica è qualcosa di cui vergognarsi. Il ‘siamo tutti uguali’ è una farsa, mio figlio non è proprio per nulla uguale agli altri bambini, ha bisogni diversi, tempi diversi, tutto diverso… Certo, i diritti devono essere gli stessi per tutti: e se un laccetto blu mi aiuta ad ottenerli, direi ben venga!”. Commenta un’altra mamma: “IO la trovo un’ottima idea. In alcuni aeroporti già hanno dei nas tri per le disabilità non evidenti come autismo e DSA. Non vergogniamoci di sembrare diversi: tanto agli occhi degli ignoranti lo siamo comunque, anche senza nastri e magliette. Così, forse, se avranno da dire, almeno bisbiglieranno”.

Fonte: Redattore Sociale

01/04/2020