Barriere, è più facile dire addio

Barriere, è più facile dire addio

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Gli effetti del dl semplificazioni. Le innovazioni non sono ritenute di carattere voluttuario Per l’uso del bene comune non serve il consenso altrui.

Condomini sempre più vivibili per disabili e soggetti con ridotte capacità motorie. Con l’art. 10, comma 3, del cosiddetto decreto semplificazioni, il dl n. 76/2020, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 16 luglio scorso, sono state infatti apportate una serie di modifiche alla legge n. 13/89, rendendo più semplice l’abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche.

Si tratta di principi in parte anticipati dalla giurisprudenza in questi ultimi anni, ma che la previsione normativa rende sicuramente più stabili, e in parte innovativi. La nuova disposizione normativa. L’art. 10, comma 3, del dl n. 76/2020 dispone in via generale che ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge n. 13/89 e n. 119 del n. 34/2020 (si tratta del cosiddetto decreto rilancio, che ha introdotto anche il tanto atteso bonus al 110%), anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c..

Alla legge n. 13/89 sono quindi state apportate specifiche modifiche. In particolare, all’art. 2, comma 1, sono stati aggiunti due nuovi periodi, in base ai quali le innovazioni in tal modo realizzate dai condomini non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’articolo 1121, comma 1, c.c. e per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di interventi che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, come previsto dal quarto comma dell’art. 1120 c.c.. Più facile eliminare le barriere architettoniche con il ricorso al principio di cui all’art. 1102 c.c..

Come si diceva, il nuovo testo normativo recepisce un aspetto che la giurisprudenza ha ormai acquisito da qualche anno ma, data la rilevanza del principio, appare più che mai opportuna la sua trasposizione in legge. I giudici fanno infatti ampia applicazione del disposto di cui all’art. 1102 c.c., in base al quale ciascun comproprietario del bene può usarne a suo piacimento, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne pari uso. L’utilizzo del bene comune per il soddisfacimento di interessi personali anche di un singolo condomino, purché alle condizioni di cui sopra, può avvenire senza alcuna necessità del consenso degli altri comproprietari, perché in casi del genere le spese delle attività necessarie a trarre un maggiore giovamento dalle parti comuni rimangono a carico del singolo.

Ecco quindi che ciascun condomino, nel rispetto del pari uso delle cose comuni, potrà autonomamente installare nelle parti condominiali un ascensore, un montascale, ecc., a proprie spese e senza il necessario coinvolgimento (e benestare) degli altri condomini, quindi senza alcuna previa deliberazione assembleare. La nuova norma di legge non fa altro che specificare questo principio. Il condomino disabile o con difficoltà di deambulazione che intenda operare l’abbattimento di barriere architettoniche presenti nel proprio condominio potrà quindi anche procedere in piena autonomia, utilizzando in maniera esclusiva l’eventuale nuovo manufatto e sostenendone integralmente il costo.

Le deliberazioni assembleari e lo scoglio della natura innovativa degli interventi. Laddove, invece, il condomino che abbia necessità di facilitare l’accesso al proprio appartamento intenda ottenere la collaborazione degli altri condomini e suddividere con essi i costi legati all’intervento sulle parti comuni, si dovrà necessariamente passare dall’assemblea condominiale e ottenere una deliberazione in tal senso (che obbligherà tutti i condomini a compartecipare alla relativa spesa). La legge n. 13/89, per evidenti finalità solidaristiche, e la successiva riforma del condominio del 2012, peraltro con alcune incongruenze più volte segnalate, hanno inteso diminuire i quorum necessari per ottenere la maggioranza in assemblea, proprio per facilitare iniziative di questo genere. Spesso però questa tipologia di interventi costituisce una innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., ovvero comporta una modificazione delle parti comuni.

Ecco allora che, per quanto i quorum assembleari siano comunque diminuiti, si è sempre ritenuto che dovessero essere rispettati anche i più stringenti limiti previsti in casi del genere – ovvero la tutela della stabilità, della sicurezza, del decoro architettonico dell’edificio e della garanzia che ciascuno possa continuare a servirsi del bene comune, oltre che garantire la posizione dei condomini dissenzienti, per quanto limitatamente alle innovazioni molto gravose da un punto di vista economico oppure di carattere voluttuario rispetto alle condizioni e all’importanza dell’edificio (art. 1121 c.c.). In questi casi il condomino dissenziente ha infatti la possibilità di dissociarsi dall’utilizzo dell’opera e quindi dalla relativa spesa oppure, ove non ne sia possibile un uso separato, può addirittura esercitare una sorta di veto, superabile soltanto dall’accollo dell’intera spesa da parte dei condomini interessati alla sua realizzazione. Le novità del cosiddetto decreto semplificazioni. Proprio su questo punto è intervenuto il cosiddetto decreto semplificazioni. In primo luogo la nuova norma di legge stabilisce che gli interventi volti all’abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche non possono essere mai considerati voluttuari ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1121 c.c..

In effetti, tenuto conto dei notevoli sviluppi giurisprudenziali almeno dell’ultimo decennio, volti a una sempre maggiore valorizzazione del principio solidaristico in ambito condominiale, con particolare riferimento all’accessibilità degli edifici, risultava davvero come una nota stonata il fatto che i condomini riuniti in assemblea potessero appellarsi al carattere voluttuario dell’intervento innovativo richiesto da un disabile per il superamento di una barriera architettonica. Resta, invece, l’altra misura individuata dall’art. 1121 c.c. a tutela dei condomini dissenzienti, ovvero quello della gravosità dell’intervento. Si tratta di un’ipotesi che può ricorrere frequentemente in caso di abbattimento delle barriere architettoniche (si pensi al caso classico dell’installazione dell’impianto di ascensore). In questi casi, come anticipato, i condomini che ritengano eccessivamente costoso l’intervento assentito dall’assemblea possono dissociarsi da esso, impegnandosi a non utilizzare l’impianto e non sostenendo le relative spese. Ciò è ovviamente possibile soltanto ove l’intervento sulle parti comuni si sia tradotto in un’opera che possa essere effettivamente utilizzata in maniera separata dai condomini.

Il caso di scuola è nuovamente quello dell’ascensore, laddove una soluzione tecnica che consenta l’accesso alla cabina soltanto con una chiave o un codice digitale può ad esempio consentirne un utilizzo separato. In caso contrario, la realizzazione dell’intervento non è possibile, nemmeno con eventuali maggioranze più elevate, a meno che i condomini favorevoli si impegnino a sostenerne integralmente le spese (un po’ come avviene nell’ipotesi delineata dall’art. 1102 c.c. per il singolo condomino). In questo caso il condomino che si sia sottratto alle spese comuni potrà comunque utilizzare l’impianto o il manufatto realizzato per abbattere la barriera architettonica, proprio perché realizzato su una parte comune di cui il medesimo ha l’insopprimibile diritto di servirsi. L’art. 10, comma 3, del dl n. 76/2020 ha infine previsto che per la realizzazione delle opere di superamento delle barriere architettoniche resti fermo unicamente il divieto di interventi che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, come previsto dal quarto comma dell’art. 1120 c.c..

Nessun cenno viene fatto al divieto di lesione del decoro architettonico dell’edificio, pure previsto dal quarto comma dell’art. 1120 c.c.. Questa circostanza, se considerata alla luce dell’utilizzo dell’avverbio «unicamente», dovrebbe portare a concludere che anche in questo caso sia stato operato un ulteriore alleggerimento della disciplina di favore di cui alla legge n. 13/89. Tuttavia il dubbio resta, perché l’attuale quarto comma dell’art. 1120 c.c. prevede anche un ulteriore limite, quello del divieto di rendere inservibili le parti comuni all’uso o al godimento anche di un solo condomino, che non pare possa essere messo in discussione. Inoltre, per un probabile difetto di coordinamento, ci si è dimenticati del comma 3 dell’art. 2 della legge n. 13/89, il quale rimanda proprio ai divieti di cui al comma 2 dell’art. 1120 c.c. (che corrisponde sostanzialmente al quarto comma dell’attuale disposizione, come modificata a seguito della legge n. 220/2012 di riforma del condominio). Forse questi aspetti potranno essere migliorati in sede di conversione in legge del dl n. 76/2020.

Fonte: Italiaoggi.it

12/08/2020