Coronavirus, tutela dei cittadini disabili: nella fase 2 qualcosa si muove

Coronavirus, tutela dei cittadini disabili: nella fase 2 qualcosa si muove

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Lo stop delle attività di riabilitazione e l’interruzione delle attività per la cura del disagio compromette e vanifica anni di lavoro e sacrificio

Coronavirus, tutela dei cittadini disabili: nella fase 2 qualcosa si muove

Da tempo molte associazioni dei genitori di cittadini disabili nonché operatori del settore avevano fatto sentire la propria voce perché si tenesse conto, nell’ambito delle disposizioni anti-contagio, delle specifiche esigenze di cura dei loro cari.

La sospensione delle attività motorie e di riabilitazione per alcuni, l’interruzione delle attività per gli interventi volti alla cura del disagio psichico rischiano infatti di compromettere e vanificare anni di sacrificio profuso per il loro recupero anche parziale e soprattutto per alleviare la loro condizione di sofferenza.

Non si può pertanto non prendere atto che con le disposizioni previste per la fase 2 non sia tenuto conto di tutto questo.

Una novità di non poco conto sta nella facoltà riconosciuta dall’ultimo D.P.C.M. alle persone non completamente autosufficienti, “di svolgere individualmente con accompagnatore attività sportiva o attività motoria, purché comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività”;

Non sono inoltre soggetti all’obbligo della mascherina i soggetti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo della stessa.

Ma le novità più consistenti e tanto attese si rinvengono nell’articolo 8 della bozza di D.P.C.M che prevede che “le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all’interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, sociooccupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono riattivate secondo piani territoriali, adottati dalle Regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori”.

Come si nota la disposizione abbraccia e ricomprende nella riattivazione tutti gli istituti pubblici e privati di cura , sia quelli che erogano prestazioni al loro interno siano che lo facciano attraverso centri semiresidenziali utilizzando la locuzione “qualunque sia la loro denominazione” con l’inequivocabile intento di far ripartire tutto il sistema di assistenza sociosanitaria del settore in conformità che deve conformarsi ai piani territoriali adottati dalle Regioni che imporranno ,attraverso specifici protocolli, il rispetto delle disposizioni in materia di contrasto alla diffusione del virus.

La parola quindi passa alle Regioni che dovranno apprestare quanto prima tali strumenti facendo tesoro di quanto è accaduto nelle residenze sanitarie assistite ovvero adottando tutte le misure necessario ad evitare il rischio della insorgenza di nuovi focolai.

Le Regioni sopperiranno ai ritardi dello Stato con una tempistica molto breve per la ripartenza di questo settore?

È una scommessa che sta nelle loro mani dove si spera non prevalgano logiche di contenimento della spesa che hanno caratterizzato gli interventi di assistenza sanitaria negli ultimi anni, e neanche di business che purtroppo in taluni casi ha animato l’interesse delle strutture che operano nel settore nella realizzazione degli interventi di assistenza-

La prospettiva che ci si è augura che a questi cittadini “ultimi tra gli ultimi” possa essere riconosciuta una occasione per sentirsi a pieno titolo parte della cittadinanza.

Fonte: affaritaliani.it

29/04/2020