GENOVA. La guerra senza suoni dei profughi ucraini sordomuti accolti al Novotel di Sampierdarena è tutta nelle pause. Il racconto della fuga, degli addii, del viaggio estenuante, nella lingua dei segni si affida alla forza dei gesti. Così, mentre Lorenza Galvani, segretaria regionale dell’Ente nazionale sordi, traduce per noi, i vuoti si riempiono di immagini. «Abbiamo trascorso cinquanta ore in macchina – spiega una mamma, che arriva da Odessa con i figli – mia madre è ancora là. Non l’ho potuta portare, perché è molto anziana. Lei stessa mi ha detto: pensa al futuro tuo e dei tuoi bambini, io la mia vita l’ho fatta», e mentre arriva la traduzione la senti nello stomaco, la muta disperazione di quel distacco. «Mio figlio più piccolo è di sopra, che riposa – racconta un’altra giovane donna – siamo qui da due giorni, sono partita con mia madre. Mio padre è rimasto in Ucraina, ha problemi di salute e non poteva sopportare il viaggio. Voglio ringraziare i medici del Gaslini, che hanno curato mio figlio: appena arrivato aveva problemi di denutrizione, il percorso è stato difficile».
Il Novotel da qualche giorno è diventato un centro di accoglienza per ottanta profughi sordomuti in fuga dall’Ucraina, eppure non sembra. Quando entri nella hall, con i bambini che giocano sulla moquette, due ragazzine con il cane in braccio, un gruppo di mamme che prepara con cura la merenda nel bar al piano terra, sembra che stia per iniziare una festa di compleanno. « Vogliamo cercare di rendere il loro soggiorno il più piacevole possibile, al di là del mero servizio alberghiero – spiega Enrico Perari, vicedirettore di Novotel – una parentesi di normalità» . Il progetto di accoglienza – finanziato dal Comune – nasce da un’amicizia: quella tra la direzione dell’hotel quattro stelle e un cliente affezionato, Marco Richi, che è consigliere provinciale di ENS, l’Ente nazionale sordi onlus. «Mia moglie è ucraina – spiega Richi, impegnato a dare indicazioni ai profughi e a comunicare ogni loro esigenza – conosco tante persone russe e so parlare le loro lingue dei segni. Ero a conoscenza delle difficoltà di comunicazione e traduzione: la comunità sorda si è molto adoperata per accoglierli e sostenerli» . Accanto a lui c’è Simone Lanari, presidente provinciale ENS: «Marco ci ha portato le immagini spaventose di quanto stava accadendo – racconta – i primi profughi sordomuti che sono arrivati a Genova erano adulti. Adesso abbiamo sempre più bambini, una ventina: si passa dai neonati a ragazzini adolescenti. C’è anche una bambina autistica. Le necessità, come si può immaginare, sono tante: la comunità sorda ucraina sta soffrendo tantissimo. Devono essere inseriti nelle scuole, ricevere alloggi. Servono interpreti, mediatori, insegnanti di sostegno. La maggior parte delle famiglie è arrivata senza nulla con sé. Speriamo che il sindaco continui a offrirci il sostegno che ci ha dato fino a oggi». Al piano di sopra, l’hotel ha adibito una sala alle donazioni: coperte, vestiti, pannolini. Sacchi che stanno aumentando. «In queste famiglie ci sono anche alcuni udenti, ma tutti usano la lingua dei segni – spiega Lanari – ed è bellissimo vedere che in questi giorni anche alcuni sordi italiani vengono qui e comunicano con la lingua internazionale. Un esempio bellissimo di integrazione».
Fonte: La Repubblica.it
10/03/2022