Sono stati pubblicati dall’ISTAT i dati sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali relativi agli anni 2014 e 2015, indagine che rappresenta al momento la maggiore fonte informativa – se non l’unica – sul sistema dei servizi sociali territoriali, consentendo di individuare alcuni andamenti del welfare locale nelle varie Regioni italiane. Pur rendendosi necessari ulteriori approfondimenti, per comprendere meglio le differenti scelte regionali, ne emerge ancora una volta con chiarezza il forte squilibrio territoriale tra le diverse aree del nostro Paese.
Alla fine di dicembre sono stati pubblicati dall’ISTAT i dati sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali relativi agli anni 2014 e 2015 (anche se questi ultimi sono ancora provvisori). L’indagine rappresenta la maggiore fonte informativa (se non l’unica) sul sistema dei servizi sociali territoriali e consente di individuare alcuni andamenti del welfare locale nelle varie Regioni italiane. Ciò sebbene sarebbero necessari ulteriori approfondimenti, per comprendere le differenti scelte regionali e conseguentemente i diversi risultati e impatti conseguiti a livello locale.
In ogni caso, secondo tale rilevazione, nel 2015 i Comuni italiani, singoli o associati, hanno speso per interventi e servizi sociali sui territori oltre 6,9 miliardi di euro, il che significa lo 0,42% del PIL (Prodotto Interno Lordo).
A differenza di quanto registrato nelle tre precedenti annualità (2011, 2012 e 2013), il biennio 2014-2015 vede di nuovo timidamente crescere la spesa sociale comunale, sebbene a ritmi inferiori rispetto al passato (+1% nel passaggio dal 2013 al 2015). In particolare la spesa sociale comunale cresce dello 0,8% nel passaggio dal 2013 al 2014 e di un ulteriore 0,2% tra il 2014 e il 2015 (ribadiamo che in questo caso si tratta di dati provvisori).
Alla Disabilità (che non comprende la spesa per anziani non autosufficienti, conteggiata invece nell’area Anziani) viene destinato, nel 2015, il 25,4% della spesa sociale comunale, pari a 1.759.447.520 euro, per un valore di 3.127 euro per abitante con disabilità (erano 2.736 euro nel 2013). Questa è un’area d’intervento che ha registrato continui incrementi dall’inizio della rilevazione, compreso nel triennio (2011-2013) in cui la spesa sociale comunale aveva subito delle contrazioni. E tuttavia, il ritmo di tale crescita risulta più contenuto rispetto al passato: infatti, a fronte di un significativo incremento medio annuo registrato tra il 2003 e il 2010, nel 2015 si calcola solo un +2% rispetto al 2013.
La spesa sociale comunale per la disabilità è stata impiegata nel 2015 per il 51% in interventi e servizi, per il 26% in trasferimenti in denaro e per il 23% in strutture residenziali e semiresidenziali.
L’analisi territoriale delle risorse afferenti a quest’area di intervento mette in luce fortissimi squilibri: nel 2015 è sempre il Sud a dichiarare la più bassa spesa per persona con disabilità (974 euro), evidenziando una significativa distanza rispetto alle altre ripartizioni geografiche (dai 5.530 euro del Nord-Est ai 3.234 euro del Centro).
Se osserviamo il dettaglio regionale della spesa sociale pro capite per disabilità, vediamo che al primo posto si colloca la Provincia Autonoma di Bolzano con 22.060 euro a persona con disabilità, seguita dalla Provincia Autonoma di Trento (13.662 euro), dalla Sardegna (9.915 euro) e dal Friuli Venezia Giulia (7.322 euro). Al contrario, la spesa più bassa per persona con disabilità viene registrata in Valle d’Aosta (179 euro) e in Calabria (421 euro).
Complessivamente, la spesa sociale pro capite per disabilità cresce tra il 2013 e il 2015 in tutte le ripartizioni geografiche e, con percentuali più o meno alte, in quasi tutte le Regioni italiane. Fanno eccezione solo il Friuli Venezia Giulia (-31,7%), la Valle d’Aosta (-29,2%) e il Piemonte (-15,5%).
Nel 2015, a livello nazionale, fra i principali interventi e servizi erogati per l’area disabilità, si rileva il sostegno socio-educativo scolastico, che assorbe il 19,6% della spesa per disabilità, i centri diurni e le altre strutture di supporto a ciclo diurno (20,3%), le strutture residenziali (18,1%) e l’assistenza domiciliare* (15,2% complessivo, di cui la voce più consistente è l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, pari all’8,7% della spesa totale per disabilità).
Addentrandoci più in profondità rispetto ad alcune tipologie di servizi, possiamo tentare di ricostruire le scelte di welfare locale compiute nei vari contesti regionali in materia di interventi di carattere domiciliare e residenziale rivolti alle persone con disabilità e non autosufficienza.
A tale scopo abbiamo considerato, per il versante della domiciliarità, non solo la spesa classificata dall’ISTAT come Assistenza domiciliare, e inserita nell’ambito della macrovoce Interventi e servizi, ma abbiamo conteggiato anche i trasferimenti in denaro per l’attivazione di interventi e servizi di cura, quali i contributi per servizi alla persona e i contributi economici per cure o prestazioni sanitarie. Ciò ritenendo che essi possano considerarsi cruciali per la permanenza della persona nel proprio domicilio.
Sul versante invece della residenzialità è stata considerata sia la spesa in strutture residenziali comunali (a gestione diretta o indiretta), sia quella per le rette e i contributi comunali per gli utenti di strutture residenziali private.
Rispetto all’utenza di riferimento abbiamo incluso in questo approfondimento sia la spesa riconducibile all’area Disabilità che quella di pertinenza dell’area Anziani, in virtù di due considerazioni, la prima delle quali relativa al fatto che oltre l’80% delle persone con limitazioni funzionali gravi – come rilevato dall’ISTAT per il 2013 – ha un’età di 65 anni e oltre, per cui risulterebbe riduttivo escludere dall’analisi gli anziani non autosufficienti; la seconda riguardante la fascia di utenza prevalente delle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie. L’ISTAT rileva infatti che nel 2014 le persone con disabilità e non autosufficienza rappresentano il 70,8% del numero totale degli ospiti di tali strutture, e di queste l’83% sono anziani non autosufficienti. Pertanto si è ritenuto opportuno conteggiare anche la spesa destinata alla domiciliarità e residenzialità dell’area Anziani, nell’ipotesi che essa sia rivolta prevalentemente agli anziani non autosufficienti.
In entrambi i casi, sia per la domiciliarità che per la residenzialità, abbiamo usato come indicatore di confronto tra le varie Regioni la percentuale di spesa sociale comunale sostenuta per le due tipologie di intervento sul totale della spesa sociale comunale per le aree Disabilità e Anziani.
Ebbene, quel che emerge con chiarezza è che le Regioni con un’incidenza percentuale simile tra domiciliarità e residenzialità sono il Lazio (rispettivamente 30,5% vs 31,2%) e la Toscana (27,4% vs 28,3%). Ma percentuali non molto distanti tra loro si riscontrano anche nel caso del Piemonte, dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia.
Altrove si manifesta invece una sostanziale complementarietà tra i due tipi di intervento, ossia laddove si registra una maggiore incidenza della spesa sociale comunale in domiciliarità, si evidenzia una minore incidenza della spesa in residenzialità, e viceversa. Ciò risulta particolarmente evidente per le Regioni del Mezzogiorno, dove la spesa sociale comunale per Disabilità e Anziani appare più orientata alla domiciliarità che non alla residenzialità, con la Sardegna e la Basilicata che mostrano la più alta incidenza della spesa in interventi domiciliari (rispettivamente 62,2% e 61,6%).
Tale opzione a vantaggio della domiciliarità si evidenzia per altro anche per la Provincia Autonoma di Trento, la Liguria, l’Umbria e le Marche, sebbene con distanze minori tra le incidenze percentuali della spesa nelle due tipologie di intervento rispetto a quelle calcolate nel Sud e nelle Isole.
Sul versante opposto si collocano invece la Provincia Autonoma di Bolzano, la Valle d’Aosta e la Sicilia (unica Regione meridionale a manifestare un andamento diverso), che sono i contesti in cui si registra la maggiore incidenza della spesa in residenzialità (rispettivamente 63%, 56,2% e 39,4%).
Come interpretare questi dati?
Sicuramente, per le Regioni meridionali la scelta di privilegiare la domiciliarità dev’essere necessariamente posta in relazione anche con la disponibilità di posti letto nei presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari. A tal proposito l’ISTAT rileva che il 55% dei posti letto per persone con disabilità, con problemi di salute mentale e anziani si collocano in sole quattro Regioni, tutte del Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Mentre nelle Regioni meridionali l’incidenza più alta si registra in Sicilia, con il 5,3% dei posti letto per disabilità, patologie psichiatriche e anziani.
Di più difficile interpretazione quanto accade sul versante opposto. Mentre infatti l’alta incidenza della spesa sociale comunale in interventi residenziali rilevata in Valle d’Aosta (56,2%) e in Sicilia (39,4%) si accompagna a complementari interventi domiciliari (rispettivamente 35% e 31,1%), del tutto sui generis appare invece la posizione della Provincia Autonoma di Bolzano, in cui al 63% di spesa in residenzialità fa da contraltare appena l’8,9% di spesa in domiciliarità. Ciò che in particolare va evidenziato è l’anomala distribuzione della spesa in interventi domiciliari della Provincia Autonoma di Bolzano, che rispetto all’Area Disabilità risulta pari a zero per tutte le voci dell’Assistenza domiciliare individuate dall’ISTAT e destina solo 98.334 euro in contributi per servizi alla persona.
Al netto di eventuali errori nella raccolta dei dati, occorrerebbe quindi approfondire la conoscenza delle dinamiche territoriali, individuare gli eventuali canali di spesa sociale che non transitano per i bilanci comunali e ricostruire il quadro complessivo delle risorse effettivamente impiegate per la disabilità e la non autosufficienza, per quali tipi di interventi e con quali risultati e impatti.
Un ulteriore passo in avanti può essere fatto confrontando la spesa totale in domiciliarità e residenzialità per Disabilità e Anziani, come rilevata dall’ISTAT, e sommando alla spesa sociale comunale la compartecipazione del Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione dei servizi socio-sanitari e la compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.
In tal modo la complementarietà tra i due tipi di interventi appare più evidente e si amplia l’incidenza della spesa in residenzialità, che è quella su cui più pesa la componente di compartecipazione.
Tuttavia su tale indicatore sorgono altrettanti interrogativi. Di complessa interpretazione, ad esempio, è la posizione del Veneto, originata da una compartecipazione dichiarata del Servizio Sanitario Nazionale per contributi e integrazioni a retta per strutture residenziali nell’area Anziani di 339.756.990 euro.
Anche in questo caso, al netto di eventuali errori nella raccolta dei dati, sarebbe forse necessario indagare le diverse dinamiche regionali in tema di organizzazione e finanziamento dei servizi residenziali, al fine di poter disegnare un quadro completo delle politiche territoriali sulla disabilità e non autosufficienza, ricostruire l’insieme degli interventi attivati e comprendere le differenti scelte regionali.
Fonte: Superando.it
18/0172018
Fonte: Superando.it
18/01/2018