La fine del 2019 ha rappresentato, come di consueto, un momento di accelerazione nella produzione normativa in ambito parlamentare. Le Camere sono infatti chiamate ad approvare, preferibilmente entro il compimento dell’anno solare, la legge di bilancio per gli anni successivi, la norma più rilevante nella programmazione e nella gestione della pubblica amministrazione ma anche per i cittadini e le aziende.
Ma oltre alla legge di bilancio (legge 27 dicembre 2019, n. 160), negli stessi giorni il Parlamento ha modificato e convertito in legge (legge 19 dicembre 2019, n. 157) anche il decreto legge noto come “collegato fiscale” che contiene più specifiche disposizioni ritenuti urgenti appunto in materia fiscale.
Come di consueto la nostra testata analizza questi testi con specifici filtri: comprendere quali siano le disposizioni che possano impattare in modo significativo sulle persone con disabilità e sulle loro famiglie. In questa prospettiva va anticipata una certa insoddisfazione: gli elementi che riguardano la disabilità non rappresentano una svolta nelle relative politiche.
Al contempo alcune specifiche istanze, espresse nel corso della discussione di quelle norme, sono state totalmente disattese. L’esempio più eclatante riguarda la nuova agevolazione nota come “bonus facciate”, una misura che consentirà nel 2020 una significativa detrazione delle spese sostenute per il rifacimento, il restauro, la manutenzione appunto delle facciate dei palazzi. Era da più parti stato richiesto che analoga detrazione (ben superiore a quella già prevista per la manutenzione ordinaria e/o straordinaria) fosse estesa agli interventi di rimozione delle barriere architettoniche nelle parti comuni degli edifici. I relativi emendamenti in tale direzione, in possesso di maggioranza e opposizione, non sono stati approvati.
Sul tema dell’eliminazione delle barriere la legge di bilancio riserva una pur residuale attenzione quando prevede a favore dei comuni e per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, contributi nel limite complessivo di 500 milioni annui per investimenti destinati ad opere pubbliche per l’efficientamento energetico e l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma anche per lo sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e appunto per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
La cifra del contributo è piuttosto risicata rispetto alle opere possibili e ai potenziali richiedenti. Di positivo c’è il richiamo, come condizione, per la concessione dei contributi, dell’obbligo della redazione da parte dei comuni dei PEBA (Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche già previsti dal 1987). Forse è un ulteriore incentivo per quei comuni che non se ne sono ancora dotati (al netto della successiva reale applicazione).
Un paio di interventi nell’ambito degli interventi nel sistema scolastico riguardano gli alunni con disabilità. Il primo (art. 1, comma 256) riprende uno dei tanti obiettivi della norma sulla “buona scuola” (legge 107/2015): la qualificazione degli insegnanti per l’inclusione scolastica (11 milioni nel 2020), per il contrasto al bullismo e per l’insegnamento dell’educazione al rispetto e della parità dei sessi per sensibilizzare gli studenti sui temi della non violenza e del contrasto ad ogni forma di discriminazione (1 milione l’anno per il prossimo triennio).
Più concreto è il successivo comma 266 che destina 12,06 milioni di euro nell’anno 2020, 54,28 milioni di euro nell’anno 2021 e 49,75 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 finalizzati ad incrementare la dotazione dell’organico dell’autonomia presente nelle scuole con i posti di sostegno. Teoricamente questo stanziamento dovrebbe rendere davvero “organici” alla scuola buona parte di quegli insegnanti di sostegno che in precedenza, come precari, erano computati fra gli organici solo di fatto.
E arriviamo al comma (il 330 del primo articolo) di più difficile lettura se non se ne conoscono i contorni ed i pregressi. Vediamolo nella sua versione letterale.
“Al fine di dare attuazione a interventi in materia di disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un fondo denominato «Fondo per la disabilità e la non autosufficienza», con una dotazione pari a 29 milioni di euro per l’anno 2020, a 200 milioni di euro per l’anno 2021 e a 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022. Con appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse di cui al primo periodo, che costituiscono il relativo limite di spesa, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti.”
Per comprendere il senso della disposizione bisogna rammentare che nei programmi elettorali della forza di maggioranza relativa e negli intenti più volte espressi dall’attuale Presidente del Consiglio, vi è l’intento di redigere un “Codice della disabilità”, cioè una norma che raggruppi, renda omogenee ed attuali, innovi se del caso, le disposizioni in materia di disabilità. Per ottenere la delega per la stesura di questo Codice il precedente Governo (medesimo Presidente) aveva approvato in Consiglio di Ministri uno schema di disegno di legge che tuttavia è stato pesantemente bocciato dalla Ragioneria dello Stato anche, ma non solo, per l’evidente mancanza di coperture. Tutto da rifare, quindi.
Nel frattempo, nell’attesa di un disegno di legge da sottoporre alle Camere, giunge il segnale di questa legge di bilancio: in previsione di un futuribile Codice, si istituisce il Fondo (un po’ infelicemente denominato “per la non autosufficienza” causando spiacevoli fraintendimenti ed equivoci con quello che già esiste). E si accantona anche oltre mezzo miliardo in tre anni che tuttavia non potrà essere speso – il come è tutto da vedere – prima dell’approvazione del Codice – di cui ad oggi non v’è traccia, abbozzo, schema – e degli immancabili decreti attuativi ed applicativi.
L’operazione è simile a quella già attuata tre anni fa sui caregiver: venne istituito un Fondo che però non poteva essere speso fintanto che il Parlamento non avesse approvato la relativa norma sui caregiver. Ad oggi anche quel Fondo è intonso essendo la relativa norma ancora in prima lettura al Senato.
Nella legge di bilancio 2020 vengono intanto ritoccati anche alcuni Fondi specifici. Il Fondo per la non autosufficienza, per il solo 2020, viene elevato di 50 milioni raggiungendo la cifra di 600 milioni, destinazione comunemente ritenuta inferiore alle esigenze reali (art 1, comma 331).
Di 5 milioni, solo per il 2020, viene innalzato il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (quello previsto dalla legge 68/1999) (art. 1 comma 332). Questo Fondo, destinato alla defiscalizzazione di oneri per i lavoratori disabili assunti e per le convenzioni, negli ultimi anni subisce una progressiva sofferenza complice anche il trend positivo dell’aumento delle assunzioni e dei più stringenti effetti di recenti novità normative. Anche in questo caso, quindi, l’aumento di 5 milioni si rivelerà insufficiente alle esigenze reali.
Analoghe considerazioni valgono per l’aumento di 2 milioni del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare previsto dalla legge 112/2016. Il Fondo ha quindi una dotazione poco sopra i 58 milioni di euro. (art 1, comma 490)
La legge di bilancio prevede sostegni – in varia forma e di varia entità – ad alcune organizzazioni di persone con disabilità.
Un contributo straordinario di 1 milione di euro è destinato all’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti per il sostegno alle sue attività, per le manifestazioni ed iniziative nell’ambito della Giornata nazionale del Braille oltre che per il centenario dell’associazione, per la diffusione della cultura e della pratica dell’addestramento del cane guida e per la valutazione e il monitoraggio degli ausili e delle tecnologie speciali. (art. 1, comma 336)
In favore dell’Ente nazionale sordi (ENS), ai fini della prosecuzione del progetto Comunic@Ens, e in particolare per il servizio di videochiamata, è autorizzato un contributo di 250.000 euro per gli anni 2020, 2021 e 2022 .
Un contributo strutturale di 500.000 euro è attribuito, a decorrere dall’anno 2020, all’Associazione nazionale guida legislazioni andicappati trasporti (ANGLAT). In questo caso le motivazioni sono davvero importanti e centrali: “contribuire alla piena realizzazione degli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” (art. 1, comma 338). In questo nuovo scenario si potrà comprendere quali saranno le sinergie con l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, organismo previsto dalla legge di ratifica della stessa Convezione anche se di fatto inattivo ormai da fine 2016.
Alla FISH – Federazione italiana per il superamento dell’handicap Onlus non viene riconosciuto alcun contributo ma (art. 1, comma 337) viene autorizzata una spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 al fine di garantire l’attività di inclusione e promozione sociale delle persone con disabilità svolta dalla stessa Federazione (la spesa va rendicontata, i contributi no).
Aspettative ve n’erano anche rispetto al “collegato fiscale” approvato qualche giorno prima della legge di bilancio (legge 157/2019) ma anche in quel caso la novità è minima e latrice di vantaggi più futuri che immediati.
Il Legislatore interviene nell’ambito delle agevolazioni fiscali sui veicoli destinati alla mobilità delle persone con disabilità. Fra i benefici possibili c’è anche quello di godere dell’IVA agevolata al momento dell’acquisto. Un vantaggio significativo (4% anziché 22%) che però è subordinato ad alcune condizioni, fra queste il limite di cilindrata: 2000 centimetri cubici se il motore è a benzina; 2800 quando il veicolo è un diesel.
La norma è datata e non prevede fra i veicoli agevolabili quelli a trazione esclusivamente elettrica, né è estensibile a questi la regola dei “centimetri cubici” non avendo i motori elettrici i cilindri.
L’evoluzione tecnologica e del mercato imponeva quindi la manutenzione di quella disciplina. Il collegato fiscale (art. 53 bis) risolve la questione prevedendo esplicitamente fra i veicoli agevolabili anche quelli elettrici e fissando in luogo del limite di cilindrata, quello della potenza (150 kW). Il Legislatore coglie anche l’occasione per confermare che le agevolazioni IVA valgono anche sui veicoli a trazione ibrida (benzina, diesel, elettrico).
Fonte: Handylex.org
15/01/2020