Questa è la storia di Francesca e del suo bambino autistico di 10 anni“
L’emergenza Coronavirus inizia a manifestare sfaccettature e ripercussioni che fino a ora sono state latenti ma che adesso, dopo oltre quaranta giorni di isolamento e una situazione di salute collettiva meno compromessa, cominciano a mostrarsi.
Questa è la storia di Francesca e del suo bambino autistico di 10 anni.
Il ragazzino fino a pochi giorni prima della quarantena svolgeva abitualmente le sue attività scolastiche e ricreative con un adeguato sostegno da parte di insegnanti e terapisti.
Oltre al sostegno a scuola, beneficiava dell’assistenza a domicilio da parte dell’associazione Alba di Pescara e della terapia in acqua multi sistemica alla piscina di Cepagatti. Ma allo scoccare dell’ora di quarantena tutto, o quasi, è venuto meno. Le associazioni si sono prontamente adoperate per seguire il bambino a distanza, ma quello che manca è un’autorizzazione da parte delle autorità competenti a svolgere attività più consone alla situazione.
«Allo stato attuale non c’è ancora la possibilità da parte dei terapisti di venire a casa per l’ attività di sostegno», dichiara la mamma, «l’unica presenza è quella dell’associazione Alba, che mi sento di ringraziare, che a distanza e via skype, partecipa alle attività che io svolgo insieme a mio figlio, sostituendomi agli operatori. I soggetti autistici, secondo la norma vigente, possono effettuare delle brevi camminate sotto casa per prendere un po’ d’aria e nulla più. E il resto? Per quanto tempo ancora mio figlio, che è stato finora fin troppo accomodante considerando la sua condizione, può restare in questa situazione?».
Sembrerebbe infatti che la normativa nazionale, al di là della passeggiata, non preveda nulla di specifico per questi bambini ma che in diverse città e regioni ci siano state delle iniziative isolate relativamente alla gestione del problema. «Conosco una mamma di Rocca San Giovanni dove sono state prese, dopo varie sollecitazioni, delle disposizioni in merito», spiega il genitore, «e giorni fa ho ascoltato il caso di Rende, paesino della Calabria dove hanno aperto un parco pubblico destinato solo a bambini autistici. È possibile che in Abruzzo e a Pescara a nessuno sia venuto in mente che ci sono dei ragazzi che hanno bisogno di qualcosa in più? In altri comuni e regioni c’è la possibilità anche di avere, con le dovute precauzioni, l’assistenza domiciliare. I nostri bambini, per chi non lo sapesse, sono abituati ad avere un rapporto uno a uno con gli operatori del settore. Mi appello alle istituzioni locali affinché aprano alla possibilità di assistenza domiciliare e valutino qualsiasi altra disposizione che possa tutelare maggiormente i nostri ragazzi».
Relativamente invece alle lezioni scolastiche on line la mamma sostiene che al bambino è data la possibilità di parteciparvi ma è improbabile che lui riesca a seguire le lezioni senza adeguato sostegno, così come avviene a scuola.
«Le associazioni stanno facendo di tutto per non abbandonarci, anche gli operatori della Tma (attività in acqua, ndr) stanno cercando di trovare una formula alternativa all’aperto nel caso in cui i prossimi provvedimenti lo permettano», aggiunge Francesca, «ma è come se questa situazione mi abbia proiettato a quando mio figlio avrà 18 anni e per lo Stato non sarà più un bambino con necessità di assistenza ma un adulto malato di mente e senza tutele. Non è giusto. Ed è riprovevole assistere alla possibilità di effettuare tamponi a tappeto per i calciatori al fine di far ripartire il campionato e non dare la stessa opportunità, di sottoporsi a esame, agli assistenti domiciliari che per i nostri figli sono essenziali figure di riferimento».